Olimpia Fontana e Alberto Majocchi
Commento n. 172 - 3 aprile 2020
Nel discorso di presentazione del suo programma al Parlamento europeo, la Presidente von der Leyen ha indicato come obiettivo centrale della sua Commissione il controllo dei cambiamenti climatici e la definizione di un Green Deal, che preveda il raggiungimento della neutralità carbonio entro il 2050 e l’avvio dell’economia europea lungo il sentiero di uno sviluppo sostenibile, carbon free e socialmente equo. La Commissione si propone altresì di presentare una Climate Law, per indicare ai governi i provvedimenti da assumere in vista del raggiungimento della carbon neutrality e per indirizzare i mercati verso la transizione ecologica, garantendo che i parametri di riferimento rimangano costanti nel corso del tempo. L’assenza di incertezza è infatti un elemento decisivo per favorire l’avvio del flusso di investimenti indispensabile per conseguire gli ambiziosi obiettivi proposti da Ursula von der Leyen.
Questo percorso prevedeva anche l’estensione del sistema dei permessi negoziabili di inquinamento (ETS, Emissions Trading System) ai settori non ancora sottoposti a questo meccanismo di controllo quantitativo delle emissioni, l’introduzione del principio della vendita all’asta dei permessi e l’imposizione di un diritto compensativo alla frontiera (un Border Carbon Adjustment, BCA – pari al prezzo domestico dei permessi) sulle merci importate nei settori fortemente energivori e provenienti da paesi che non impongono un prezzo sul carbonio. Un percorso lineare che è stato sconvolto dal rapido diffondersi del coronavirus e dall’emergenza sanitaria che ne è conseguita.
Primum vivere, deinde philosophari. È chiaro che in questa congiuntura il controllo della diffusione del contagio e il sostegno alle persone colpite dal virus hanno una priorità assoluta. E sul piano economico a questo compito sta provvedendo la Banca Centrale Europea, con la creazione di liquidità decisa con i recenti provvedimenti. Ma occorre prepararsi fin d’ora al dopo-coronavirus. Se la lotta al contagio viene paragonata a una guerra, il dopo-coronavirus deve essere valutato come una situazione post-bellica, che richiede strumenti eccezionali per una situazione eccezionale. è in questa prospettiva che si è aperta la strada a una emissione di titoli destinati a finanziare la ripresa. E, al fine di fornire una garanzia adeguata per queste emissioni e per assicurare che questi titoli rappresentino safe asset per i potenziali investitori a livello globale è necessario avviare immediatamente la creazione di una – sia pur iniziale e limitata – autonoma capacità fiscale al livello dell’Unione.
In questa prospettiva è utile valutare l’ammontare del prelievo legato all’introduzione di un Border Carbon Adjustment. Il gettito di questi diritti, quando verranno introdotti in parallelo all’avvio del Green Deal, potrà essere destinato a finanziare il bilancio dell’Unione, in quanto previsti dalla Decisione sulle risorse proprie del 2014, e potrà essere utilizzato, oltre che per finanziare le politiche dell’Unione, anche per garantire le emissioni di titoli destinati a sostenere la transizione verso un’economia sostenibile.
Secondo dati Eurostat basati su una prospettiva di consumo, cioè a prescindere dal luogo in cui la produzione avviene, nel 2018 le emissioni di CO2 in Europa legate alle importazioni (sia settori ETS sia non-ETS) sono state di 980 kg pro capite, ovvero emissioni totali di 437 milioni di tonnellate di CO2 nell’UE27. Un BCA da 50 €/tCO2 su tutte le importazioni produrrebbe quindi un gettito di quasi 22 miliardi di euro. Questo nell’ipotesi che i paesi di provenienza delle importazioni (Cina, Stati Uniti e Russia i maggiori partner) non impongano un prezzo sul carbonio e senza considerare le ripercussioni negative che l’emergenza Coronavirus potrebbe avere sul commercio estero. Sembra pertanto ragionevole accettare in prima approssimazione l’ipotesi che un BCA possa produrre un gettito tra il 5 e il 7% del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale 2021-27, un importo tra i 9 e i 15 miliardi di euro. Un primo nucleo di risorse proprie che, oltre a colmare il vuoto di bilancio lasciato dalla Brexit, consentirebbe di perseguire con coerenza gli obiettivi della nuova agenda di sviluppo sostenibile del Green Deal europeo.
In definitiva, il prelievo di un diritto compensativo alla frontiera potrà rappresentare un primo riconoscimento di un’autonomia fiscale dell’Unione, che si potrà rafforzare in futuro con l’imposizione di nuove risorse proprie, decise attraverso una procedura democratica e destinate a finanziare il bilancio europeo. Per raggiungere questo ulteriore obiettivo, sarà quindi necessaria una riforma del Trattato che preveda una revisione dell’articolo 311, terzo comma, e introduca una norma che imponga il voto a maggioranza nel Consiglio, la partecipazione a pieno titolo nella decisione del Parlamento europeo, ed escluda la necessità della ratifica da parte dei Parlamenti dei 27 paesi. Questa riforma realizzerebbe finalmente un secondo pilastro che affianchi l’Unione monetaria, con il riconoscimento di un potere fiscale in capo all’Unione, e rappresenterebbe un passo in avanti decisivo nella costruzione di un vero e proprio assetto federale dell’Unione, che si completerà con il varo di una politica estera e della sicurezza davvero comune.
*Olimpia Fontana è Ricercatrice al Centro Studi sul Federalismo; Alberto Majocchi è Professore Emerito di Scienza delle Finanze all’Università di Pavia e Vice Presidente del Centro Studi sul Federalismo