Dove va la finanza territoriale italiana

Dove va la finanza territoriale italiana

Stefano Piperno
   

Commento n. 257 - 26 gennaio 2023 

Il recente dibattito sulla legge di bilancio si è concentrato sugli equilibri globali di finanza pubblica rispetto alle indicazioni della Commissione europea. Minore l’attenzione sugli andamenti dei diversi comparti della pubblica amministrazione, in particolare di quello delle amministrazioni locali, a sua volta articolato in Regioni Province e Comuni, che coprono più del 30 per cento delle spese di tutte le amministrazioni pubbliche. Una fotografia recente dell’andamento di questo comparto è fornita dal Rapporto 2022 su La finanza territoriale, predisposto da un pool di sei Istituti regionali di ricerca (Piemonte, Lombardia, Toscana, Puglia, Liguria, Umbria) e dall’Associazione studi e ricerche per il Mezzogiorno (SRM). Giunto alla quindicesima edizione, è stato presentato nella sede della Conferenza delle Regioni a Roma nel dicembre 2022.

Il rapporto costituisce un esempio positivo di collaborazione tra strutture regionali di ricerca su un tema come quello della finanza territoriale, in genere affrontato a livello nazionale da organismi parlamentari, come la Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale e l’Ufficio parlamentare del bilancio, o da strutture collegate al MEF, come la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, ai quali si aggiungono la Corte dei Conti e le Associazioni degli enti locali, in particolare l’ANCI e la Fondazione IFEL che ne è diretta emanazione.

La lettura del rapporto 2022, articolato in una parte congiunturale e in una monografica, evidenzia come negli ultimi anni il percorso di trasformazione della finanza decentrata in Italia abbia di fatto seguito due binari: il primo diretto alla attuazione del modello di federalismo fiscale delineato dalla L. n. 42/2009 e dai suoi decreti attuativi, in applicazione dell’art.119 della Costituzione; il secondo, che ha inevitabilmente condizionato il primo rallentandolo, finalizzato a dare risposte straordinarie prima alla crisi pandemica e poi a quella energetica (2020-2022), che hanno avuto effetti traumatici sui bilanci dei governi subnazionali in termini di aumento delle esigenze di spesa e di riduzioni delle entrate autonome. La contemporaneità di interventi “strutturali” e “congiunturali” ha però reso più complicato il sistema e più difficile la lettura dei dati complessivi, come emerge dalle analisi di alcuni capitoli del Rapporto curati dai ricercatori degli Istituti con il coordinamento scientifico di Fabio Fiorillo e Rosella Levaggi.

Su un piano congiunturale un fenomeno rilevante messo in luce è la conferma di una dinamica positiva degli investimenti finali delle amministrazioni territoriali in atto dal 2018, che ha ricevuto ulteriore impulso dalla chiusura del ciclo di programmazione europea del 2014-2020 insieme all’apertura di quello 2021-2027. A questi si è aggiunta la fondamentale spinta del PNRR, che dispiegherà pienamente i suoi effetti da qui al 2026, con inevitabili trascinamenti negli anni successivi. Sarà però necessario che in futuro gli investimenti previsti dal PNRR siano correlati alle modalità di finanziamento ordinarie dei governi subnazionali per evitare il rischio di creare nuove infrastrutture senza la garanzia di avere poi le risorse necessarie al finanziamento dei loro oneri di manutenzione e gestione. Resta più di un interrogativo sulla capacità delle amministrazioni locali – in particolare i Comuni più piccoli e quelli del Mezzogiorno – di accelerare gli investimenti senza un adeguato rafforzamento delle capacità tecniche del loro personale cercando di riportare i giovani meglio preparati nel settore pubblico locale. Novità procedurali rilevanti come la revisione del codice dei contratti pubblici non saranno sufficienti se non si costruisce un modello di stazioni appaltanti aggregate tra più Comuni di insufficienti dimensioni. Ma ciò sarà possibile solo con un adeguato indirizzo e supervisione dei livelli superiori di governo, soprattutto delle Regioni.

Sotto un profilo più strutturale vengono approfonditi gli effetti delle trasformazioni del Fondo di solidarietà comunale, in cui la componente storica sarà gradualmente sostituita da una componente perequativa di tipo verticale. Si tratta di un cambiamento rilevante e positivo anche se non si può non rilevare la lentezza del graduale processo di modifica di tale Fondo. In secondo luogo, viene evidenziato come il percorso attuativo del federalismo fiscale dovrebbe comprendere anche una riforma del sistema tributario regionale locale. Il disegno legge delega per la riforma fiscale, approvato solo dalla Camera dei Deputati nella precedente legislatura, presentava delicati problemi attuativi con la trasformazione in sovraimposte delle addizionali regionali e comunali all’imposta sui redditi. Queste rischiano di avvantaggiare le amministrazioni più ricche, come emerge da alcune interessanti simulazioni a livello regionale sugli effetti in termini di gettito tributario dei Comuni. Si aggiunga che le ipotesi formulate nella legge delega avrebbero probabilmente portato a una riduzione dell’autonomia tributaria regionale e locale mentre non è ancora chiaro quali siano gli intendimenti del nuovo Governo.

Il Rapporto 2022 comprende altri contributi, come quelli sull’efficienza temporale nella realizzazione delle opere pubbliche in Italia, sui determinanti dell’uscita dalle Unioni dei Comuni in Piemonte e sull’impatto territoriale degli investimenti del Piano Lombardia, che rappresentano anche esempi di ricerche utili per la valutazione delle politiche.

Nel complesso, la sua lettura suggerisce due riflessioni generali. In primo luogo, la finanza territoriale in Italia resta ancora in mezzo al guado. Una evoluzione ordinata del percorso attuativo del federalismo fiscale (L. n. 42/2009) richiede di affrontare in maniera sistematica i problemi della finanza regionale, provinciale e comunale rendendo congruenti interventi “congiunturali” e “strutturali”. In particolare, resta da completare il sistema dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), obiettivi di servizio e costi standard per i livelli di governo regionale e provinciale, oltre che sviluppare ulteriormente il proficuo percorso (anche se ancora incompleto) seguito per i Comuni. A ciò si aggiunge l’esigenza di avviare la perequazione infrastrutturale. Nel dibattito corrente si sottovaluta però quanto la costruzione dei LEP rappresenti un processo particolarmente delicato e difficile in un Paese differenziato territorialmente come il nostro. Si vedrà in che misura il processo potrà essere accelerato con la recente istituzione di una Cabina di regia per la determinazione dei LEP (L. n. 197/2022, c. 792), anche perché in loro assenza difficilmente il regionalismo differenziato potrà essere portato avanti.

In secondo luogo, il coordinamento della finanza territoriale richiede anche un migliore coordinamento strategico tra livelli di governo, con particolare riguardo per l’attuazione del PNRR e dell’accordo di partenariato relativo ai fondi strutturali europei 2021-2027. Sono le Regioni che, in attesa di una possibile rivitalizzazione delle Province, dovrebbero costituire un punto di riferimento cruciale evitando un eccesso di rapporti settoriali tra enti locali e singoli Ministeri centrali e promuovendo politiche territoriali capaci di cogliere le nuove geografie interregionali di sviluppo del Paese, che da tempo non rispettano i confini amministrativi tradizionali. 

* Collaboratore del Centro Studi sul Federalismo

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