Federico Fabbrini
Commento n. 178 - 6 maggio 2020
La sentenza della Corte costituzionale tedesca (il Bundesverfassungsgericht - BverfG) pronunciata ieri, sulla legalità del programma di acquisto di bond da parte della Banca centrale europea (BCE) è una minaccia profonda alla sopravvivenza dell’Eurozona.
Il caso pendente davanti al BVerfG concerneva il programma della BCE noto come Public Sector Purchase Programme (PSPP), una strategia monetaria di Quantitative Easing (QE) che la BCE aveva lanciato nel 2015, e aggiustato più volte successivamente, per combattere un persistente problema di mancanza di inflazione nell’area euro.
La legalità del programma QE della BCE era stata contestata in un ricorso sollevato da membri ultra conservatori di Alternative für Deutschland, un partito di simpatizzanti nazisti, giustamente rigettato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) in una sentenza nel dicembre 2018.
Non contento della sentenza della Corte europea, il BVerfG ha deciso di prendere in mano la questione e rivedere la decisione, per valutare se la BCE (e di conseguenza la CGUE) avessero agito nel limite del loro mandato ai sensi dei trattati UE – come interpretati dal BVerfG stesso.
Nella radicale sentenza di ieri, il BVerfG ha statuito che la CGE ha pronunciato una sentenza sbagliata, e che l’azione della BCE è illegale. Pertanto il BVerfG ha nullificato la sentenza della CGE in Germania, e proibito alla Banca centrale tedesca (la Bundesbank) di partecipare al QE.
Per evitare un terremoto finanziario, il BVerfG ha invero concesso un periodo di tre mesi alla Bundesbank per uscire in modo coordinato dal QE. Periodo entro il quale – come affermato dal BVerfG – la BCE può provare a meglio giustificare la “proporzionalità” delle decisioni di politica monetaria adottate cinque anni or sono.
Tuttavia, il BVerfG non ha potere di ordinare alla BCE alcunché, e sebbene esso abbia suggerito che il governo tedesco potrebbe fare causa alla BCE per contrastare la sua azione illegale (dinnanzi alla CGUE), non è chiaro se la BCE possa e debba rispondere alle preoccupazioni del BVerfG. Per ora si è limitata, con un asciutto comunicato, a indicare che continua nella propria azione e si attiene a quanto sentenziato dalla CGUE.
Dichiarando come incompatibili con la “clausola di eternità” della Legge fondamentale tedesca le misure pilastro adottate dalla BCE per rispondere allo stato drammatico dell’economia europea, la sentenza del BVerfG fa calare nubi fosche sul futuro dell’Eurozona, la cui stessa sopravvivenza è a questo punto a rischio.
Infatti, sebbene il BVerfG sottolinei che la sua sentenza non ha nulla a che vedere con le misure di emergenza adottate dalla BCE in risposta al Covid-19 – il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) – è evidente che le implicazioni di questa sentenza sono devastanti per il PEPP.
D’altra parte, se la BCE non è autorizzata ad adottare una politica monetaria come il QE (nel quale, peraltro, gli acquisti di bond statali sono effettuati in proporzione alle quote di capitale dei Paesi membri nella BCE) come potrebbe portare avanti un programma come il PEPP (nel quale i bond statali sono acquistati senza quote nazionali, ma sulla sola base della necessità)?
Chiaramente, la sentenza del BVerfG porta al culmine tre decenni di trinceramento dogmatico, ed un crescente euroscetticismo che era già emerso in precedenti sentenze, nelle quali ulteriori limiti erano stati messi alle misure UE adottate per rispondere alla crisi dell’euro, e che avevano già portato il BVerfG ai ferri corti con la CGUE.
Tuttavia, con la sentenza odierna il BVerfG attraversa il Rubicone e per la prima volta nella storia nullifica una decisione di una istituzione UE (la BCE) che era già stata dichiarata pienamente legale da un’altra istituzione UE (la CGUE) – e sulla base di argomenti di politica monetaria sulla quale non ha evidentemente alcuna expertise.
Resta da capire cosa succederà adesso. La BCE, in uno spirito di collaborazione, potrebbe trovare un modo per rispondere al BVerfG, offrendo una migliore giustificazione del programma PSPP – così che la questione si risolva senza troppa fanfara, e che l’Eurozona possa tirare avanti con passo zoppicante, porgendo un inchino all’ego del BVerfG.
Tuttavia, non è chiaro come la BCE possa offrire una giustificazione più convincente di quella che già aveva fornito alla CGUE. E se il problema del BVerfG è che il QE ha effetti economici e fiscali, non c’è semplicemente giustificazione che possa rassicurarlo.
In alternativa, la BCE potrebbe provare a portare avanti il QE senza la Bundesbank – che tecnicamente non è che un’appendice della banca centrale federale dell’Europa. Infatti, se la Bundesbank si rifiutasse di obbedire alla BCE, l’UE (o un altro Stato membro) potrebbe fare causa alla Germania per violazione dei suoi obblighi ai sensi dei trattati UE.
Tuttavia, è evidente che il segnale politico di una BCE che portasse avanti un programma monetario senza il coinvolgimento della banca centrale del più grande e più ricco stato membro dell’Eurozona sarebbe pessimo – e come tale verrebbe recepito dai mercati finanziari.
Infine, la sentenza potrebbe anche indurre a una risposta forte. Questa probabilmente dovrebbe iniziare in Germania, posto che la decisione se porre fine all’esperimento dell’Eurozona dovrebbe essere presa dai rappresentanti democratici, non da otto giudici non eletti, il cui potere arbitrario andrebbe sottoposto a migliore bilanciamento costituzionale.
Ma allo stesso tempo, la sfida è cruciale anche per l’UE, che dovrebbe risolvere una volta per tutte la questione su quale istituzione, e quale diritto, sia supremo in un’unione di eguali stati membri, i quali hanno tutti limitato la propria sovranità in condizioni di reciprocità e a patto di sottoporsi alla stessa legge comune.
Non è però chiaro se, visto lo stato attuale dell’UE – nella quale spinte nazionalistiche e rivendicazioni di identità costituzionale (una nuova parola sexy per definire la sovranità) emergono ovunque – vi sia spazio per una mobilitazione che risolva in profondità la questione federale sollevata dal BVerfG.
In conclusione, la sentenza odierna è una pessima decisione, pronunciata in un brutto momento, e con conseguenze ancora peggiori. Dopo la Brexit, e tenuto conto delle devastanti implicazioni del Covid-19, l’unica cosa di cui certamente non avevamo bisogno era ulteriore instabilità nell’Eurozona.
*Professore ordinario di diritto dell’UE presso la Dublin City University e Direttore fondatore del Brexit Institute (la versione in inglese è disponibile qui)