Il Libro bianco sulla difesa europea: progressi e problemi

Il Libro bianco sulla difesa europea:  progressi e problemi

Federico Fabbrini / 24 marzo 2025

Commento n. 320

Il 19 marzo scorso il Commissario europeo alla difesa, Andrius Kubilius, e l’Alto rappresentante dell’Unione europea (UE) per la politica estera e la difesa, Kaja Kallas, hanno pubblicato l’atteso Libro bianco sulla difesa europea (Joint White Paper for European Defence Readiness 2030) – un documento che la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen aveva promesso entro i primi 100 giorni del suo secondo mandato. In un contesto in cui la guerra di aggressione della Russia in Ucraina continua, ma in cui il rapporto transatlantico con gli Stati Uniti è più incerto che mai, il Libro bianco ambiva ad offrire una visione strategica sul futuro dell’integrazione della difesa nell’UE.

Infatti, nel suo incipit, il Libro bianco riconosce chiaramente che l’UE affronta una sfida inedita dovuta alla fine dell’equilibrio creatosi dopo la Seconda Guerra Mondiale, e poi dopo la fine della Guerra Fredda. Pertanto, esso afferma lucidamente che l’UE deve sviluppare le capacità militari necessarie per dissuadere un’aggressione armata da parte di una potenza ostile, raggiungendo un livello di preparazione adeguato attraverso il riarmo entro il 2030.

Tuttavia, le misure che il Libro bianco propone per rafforzare la difesa in Europa risultano un po' deludenti. Il documento – che appare un collage di contributi probabilmente provenienti da vari servizi all’interno della Commissione europea e dal Servizio europeo di azione esterna (SEAE) – contiene una serie di buone intenzioni e solo poche azioni concrete.

La prima parte del Libro bianco – che riassume e aggiorna in un paio di pagine il contenuto della Bussola strategica del marzo 2022 – identifica i crescenti rischi geopolitici che l’UE affronta. Esso indica la Russia come la principale minaccia per l’UE, ma riconosce anche la sfida strategica che pone la Cina, oltre all’instabilità nel Sahel e nel Medio Oriente. In aggiunta, il Libro bianco prende atto del cambiamento di politica internazionale degli USA, e dunque afferma che l’Europa deve prepararsi a difendersi autonomamente.

Tuttavia, il Libro bianco è esplicito nel dire che “gli Stati membri avranno sempre la responsabilità per le loro forze armate, dalla dottrina al dispiegamento” (p. 5), così riducendo il ruolo dell’UE a quello di puro supporto e coordinamento alle politiche di difesa nazionali. In particolare, il Libro bianco elenca una lunga lista di debolezze (capability gaps) negli assetti militari degli Stati membri e ribadisce l’obiettivo dell’UE di favorire forme di acquisto condiviso degli armamenti, e di razionalizzazione della spesa militare. Pur riconoscendo che “al momento l’industria europea della difesa non è capace di produrre sistemi di difesa e materiali nella quantità e alla velocità necessaria” (pp. 12-13), il Libro bianco ripete l’auspicio che gli Stati membri aumentino le loro collaborazioni nel campo della difesa ed elenca una serie di misure che l’UE adotterà per rafforzare la base industriale della difesa. Queste misure però sono già note, ed empiricamente non si sono rivelate di successo. Da un lato, il Libro bianco insiste molto sulla proposta di favorire la mobilità militare – oggetto di uno dei progetti nell’ambito della Cooperazione strutturata permanente (PESCO), che però è stato criticato recentemente dalla Corte dei Conti europea come del tutto inadeguato. Dall’altro lato, la Commissione propone di creare un mercato unico della difesa, proponendosi se necessario come centrale di acquisto per gli armamenti, ma in ultima analisi facendo affidamento sulla buona volontà degli Stati di investire congiuntamente nell’acquisto e sviluppo di tecnologie militari.

Anche per quanto riguarda il supporto all’Ucraina – che nel Libro bianco viene identificato come la priorità di breve termine per l’UE nel campo della difesa –, il documento non prevede novità particolari. Utilizzando un’immagine alla moda nei think tank, il Libro bianco afferma che la strategia dell’UE verso l’Ucraina deve essere capace di renderla un porcospino, ovvero un attore militare così ben fornito di armi da divenire indigesto ad aggressori odierni o futuri. Per raggiungere questo obiettivo, però, il Libro bianco offre poco di nuovo, se non ripetere l’invito agli Stati membri ad aumentare l’assistenza militare all’Ucraina – uno sforzo che rimane rigorosamente nazionale, e volontario – e auspicare l’associazione dell’Ucraina alle iniziative per rafforzare la base europea dell’industria della difesa.

La parte operativamente più rilevante del Libro bianco sulla difesa, pertanto, è quella sull’aumento delle spese nazionali per la difesa, che riprende per intero il piano ReArmEU presentato dalla Presidente della Commissione il 3 marzo, e accolto favorevolmente dal Consiglio europeo il 6 marzo. Come noto, questo piano si basa su cinque iniziative economico-finanziarie, ovvero (1) l’attivazione della clausola d’emergenza del Patto di Stabilità per autorizzare spesa extra in deficit sulla difesa; (2) la creazione di un fondo di 150 miliardi di euro, per prestiti a Stati membri che volessero ottenere finanziamenti aggiuntivi per la difesa; (3) l’autorizzazione a dirottare sulla difesa fondi della politica di coesione; (4) l’ampliamento del mandato della Banca Europea per gli Investimenti nel campo della difesa; (5) una non ben definita mobilitazione dei capitali privati nella difesa. In aggiunta a questi cinque punti, il Libro bianco ne menziona un sesto, alludendo alla possibilità di identificare fonti di finanziamento ulteriore, o nel prossimo Quadro finanziario pluriennale, che però sarà operativo solo dal 2027, o tramite il Meccanismo europeo di stabilità, che però richiederebbe una modifica del suo trattato istitutivo.

Nel Libro bianco sulla difesa, le misure ReArmEU sono quindi le sole di rilevanza concreta e potenzialmente immediata. Infatti, il Libro bianco è accompagnato anche da una comunicazione sulla sospensione delle regole fiscali, e da una proposta legislativa per istituire il fondo di 150 miliardi di prestiti, noto come SAFE (Security Action for Europe). È evidente però che entrambe queste iniziative vanno a beneficio del rafforzamento delle difese degli Stati membri dell’UE, e non contribuiscono di per sé a creare una difesa dell’UE, come invece aveva chiesto il Parlamento europeo nella sua risoluzione del 12 marzo scorso. In aggiunta, la scelta di favorire un riarmo nazionale, invece che sovranazionale, è destinata a creare effetti asimmetrici. In particolare, un paese come la Germania, che ha basso debito, potrà investire massicciamente sul proprio riarmo, grazie alla modifica costituzionale approvata la settimana scorsa (con l’esclusione dal “freno al debito” – Schuldenbremse – delle spese militari che eccedono l’1% del Pil annuale). Per altri Stati membri ad alto debito, come l’Italia ma anche la Francia, l’autorizzazione comunitaria a spendere di più per la difesa, o la possibilità di ottenere nuovi prestiti, potrebbe risultare un’arma spuria, se non addirittura a doppio taglio.

In conclusione, se il Libro bianco identifica una indubbia necessità di maggiore azione europea nel campo della difesa, le soluzioni che esso propone per risolvere le sfide dell’UE sono insufficienti. Onde evitare un riarmo puramente nazionale, urgono iniziative politiche per creare davvero una Comunità europea della difesa.

*Professore ordinario di diritto dell’Unione europea presso la Dublin City University e Direttore fondatore del Dublin European Law Institute.

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