Federico Fabbrini
Commento n. 278 - 27 novembre 2023
Il 22 novembre scorso il Parlamento europeo (PE) ha approvato a maggioranza una risoluzione con dettagliate proposte di riforma dei trattati europei – il Trattato sull’Unione europea (TUE), il Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE) e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE (CDF). La risoluzione del PE dà seguito alle raccomandazioni della Conferenza sul futuro dell’Europa, terminata nel maggio 2022, per rafforzare legittimità ed efficacia dell’UE. In una risoluzione adottata nel giugno 2022, il PE aveva ben accolto il lavoro della Conferenza e si era espresso a favore della convocazione di una Convenzione per la riforma dei trattati, incaricando la propria Commissione affari costituzionali (AFCO) di preparare un testo degli emendamenti da apportare ai trattati. La Commissione AFCO aveva pubblicato il proprio rapporto il 22 agosto 2023; con il voto della settimana scorsa la plenaria del PE ha fatto suo il rapporto dell’AFCO, adottando la proposta di riforma dei trattati e inviandola al Consiglio dell’UE ai sensi dell’art. 48(2) TUE.
La proposta di riforma dei trattati adottata del PE è un insieme organico e coerente, con cui l’unica istituzione dell’Unione direttamente eletta dai cittadini europei chiede di migliorare il funzionamento del sistema di governo e le competenze dell’UE, anche in prospettiva dell’allargamento di quest’ultima a potenzialmente otto nuovi paesi dell’Europa orientale e dei Balcani occidentali, tra cui l’Ucraina in guerra.
La risoluzione del PE include una seria di proposte largamente prevedibili, alcune idee innovative, ma altresì alcune sorprendenti lacune. Per quanto riguarda il funzionamento dell’UE, in linea con quanto da tempo sostenuto dal PE, la proposta di riforma dei trattati propone di ridurre drasticamente l’uso di procedure legislative speciali, assicurando quindi al PE pieno potere di co-decisione con il Consiglio dell’UE nell’adozione di atti legislativi comunitari. Ciò avviene attraverso la proposta di modifica di una serie di disposizioni dei trattati – ad es. art. 45 TUE (difesa), art. 81(3) TFUE (diritto famiglia), art. 126 TFUE (governance economica) – che danno al Consiglio potere esclusivo di decidere, con un ruolo solo marginale per il PE.
In questo senso si colloca anche la proposta di abolire l’art. 122 TFUE – una clausola speciale usata molto nell’ultimo biennio per autorizzare sia la creazione del Recovery Fund NGEU sia per rispondere alla crisi energetica causata dall’invasione russa dell’Ucraina – e di sostituirla con un nuovo art. 222 TFUE, che consenta al PE e al Consiglio di attribuire poteri d’emergenza temporanei alla Commissione in casi di crisi. In aggiunta, il PE propone la sistematica rimozione del voto all’unanimità nel Consiglio, da sostituirsi con il voto a maggioranza qualificata (in caso rinforzata). A tal fine, la proposta del PE prevede una revisione tra gli altri dell’art. 31 TUE, in materia di politica estera, dell’art. 42(4) TUE e difesa, dell’art. 312 TFUE in materia di bilancio.
Per quanto riguarda le procedure, la proposta del PE chiede di modificare l’art. 17 TUE sulla nomina del Presidente della Commissione europea – che viene rinominata l’Esecutivo dell’UE – attribuendo al PE (invece che al Consiglio europeo) il potere di proporre il nome di un candidato in seguito alle elezioni del PE. Si propone inoltre di modificare l’art. 234 TFUE consentendo al PE di adottare una mozione di censura individuale contro un Commissario.
Quanto ai poteri dell’UE, la proposta propone di rafforzare il meccanismo di cui all’art. 7 TUE di controllo sul rispetto dello stato di diritto. In particolare, la proposta introduce un limite temporale di sei mesi entro i quali il Consiglio deve decidere sulla possibile violazione dei valori di cui all’art. 2 TUE da parte di uno stato membro, e attribuisce alla Corte di Giustizia Europea (CGE) la competenza ad arbitrare la questione.
Significativa è anche la modifica proposta all’art. 263(4) TFUE, che varia le condizioni per un ricorso individuale di annullamento di un atto comunitario dinanzi alla CGE. Se ad oggi una persona fisica o giuridica può impugnare un atto comunitario solo se esso lo riguardi individualmente e direttamente, il requisito dell’individualità verrebbe ora rimosso, consentendo dunque un più ampio controllo di costituzionalità della CGE via actio popularis.
In tema di diritti fondamentali, poi, la proposta di riforma del PE prevede una limitata ma molto rilevante revisione dell’art. 3 CDF, con il riconoscimento esplicito al diritto all’autonomia personale, alla libertà riproduttiva e al diritto all’aborto.
Inoltre, la proposta del PE riporta – sotto forma di nuovi art. 299a – 299j TFUE – il testo del Protocollo No. 2 sul principio di sussidiarietà all’interno dei trattati, introducendo altresì la possibilità per i parlamenti nazionali di proporre un atto legislativo UE (cd. cartellino verde). D’altro canto, tramite una proposta di modifica agli art. 225 e 294 TFUE, lo stesso PE acquisisce potere d’iniziativa legislativa, superando il monopolio della Commissione.
Infine, la proposta del PE chiede di modificare i trattati attribuendo all’UE nuove competenze, ad es. nel campo della salute (art. 168 TFUE), dell’istruzione e della ricerca (art. 179 TFUE), dell’ambiente (nuovo art. 191a TFUE), dell’energia (art. 194 TFUE), nonché della difesa: il nuovo art. 42 TUE, infatti, attribuirebbe all’UE la competenza di istituire un’unione della difesa, con unità militari e una forza di reazione rapida sotto il comando operativo dell’UE, con altresì una politica comune in materia di appalti e armamenti militari.
Alla luce di ciò sorprende invece che la proposta del PE non includa nessuna modifica ad altre disposizioni dei trattati vigenti in materia fiscale, ad. es l’art. 113 TFUE (che limita il potere di tassazione dell’UE alle imposte indirette), l’art. 310 TFUE (che impone all’UE di mantenere un pareggio di bilancio tra entrate e uscite) e l’art. 311 TFUE (che richiede l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio, e la ratifica nazionale, della decisione sulle risorse proprie dell’UE). Tali disposizioni si sono rivelate negli ultimi anni un notevole ostacolo alla creazione e al consolidamento di una capacità fiscale dell’UE, condizione indispensabile per aumentare l’autonomia strategica dell’UE.
Come emerge da questa sommaria disamina, la proposta di revisione del PE presenta punti di forza e di debolezza, lascia alcune questioni irrisolte (ad es. il rapporto tra Presidente del Consiglio europeo e Presidente della nuova Commissione) e propone sia misure che difficilmente verranno approvate dalle istituzioni intergovernative dell’UE che iniziative sui cui invece ormai si raccoglie un più ampio consenso politico.
Ai sensi dell’art. 48(2) TUE spetta ora al Consiglio trasmettere al Consiglio europeo le proposte del PE. L’art. 48(2) però non chiarisce se il Consiglio sia obbligato a fare seguito all’azione del PE, ed entro quali termini. Alla luce della profonda divisione tra stati membri sull’opportunità di emendare i trattati, resta dunque da vedere come agirà il Consiglio. Non vi è dubbio, tuttavia, che nel presentare una proposta completa di revisione dei trattati, il PE abbia adottato una posizione forte che – come già accaduto in passato (si pensi alla proposta Spinelli del 1984) – può contribuire a rimettere in moto l’inevitabile cantiere di riforma costituzionale europeo.
*Professore ordinario di diritto dell’Unione europea, Dublin City University; Fellow, Istituto Universitario Europeo
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