Stefano Piperno
Commento n. 276 - 2 novembre 2023
Lo scorso 27 settembre la Commissione Affari costituzionali del Senato ha svolto una importante audizione del Prof. Sabino Cassese, Presidente del Comitato per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (CLEP), nell’ambito delle audizioni informali sul ddl 615 e connessi, sull’attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Ricordiamo come si è inserita questa iniziativa nel percorso attuativo del disegno di legge in questione. La legge di bilancio per l’anno 2023 (L.n. 197/2022 art. 1, commi 791-801) ha previsto di avviare il percorso di determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’art.117 secondo comma lettera m) della Costituzione, istituendo una “cabina di regia” composta dai Ministri competenti per materia. La cabina di regia deve svolgere una accurata ricognizione della normativa statale e delle funzioni esercitate dallo Stato e dalle Regioni a statuto ordinario nelle 23 materie (20 concorrenti e tre esclusive statali) per le quali è possibile l’autonomia differenziata, individuando quelle riferibili ai LEP, anche con una ricognizione della spesa storica statale a livello regionale per le medesime funzioni. In secondo luogo, deve determinare i LEP stessi insieme ai loro costi e fabbisogni standard con il supporto della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, rispettando il vincolo degli equilibri di bilancio, ovverosia nell’ambito degli stanziamenti previsti.
A integrazione delle disposizioni sopra indicate si è aggiunto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 marzo 2023, istitutivo del CLEP, il Comitato tecnico-scientifico per l’individuazione dei LEP, preliminari all'autonomia differenziata, con il compito di supportare il lavoro della cabina di regia. Il CLEP era composto originariamente da 62 autorevoli esperti ma ha visto nei mesi successivi le dimissioni di quattro componenti che non concordavano con le modalità di lavoro previste. La relazione presentata da Cassese, accompagnata da un rapporto predisposto dai dieci sottogruppi in cui si era articolato il Comitato, in cui si indicano le materie o parti di materie o funzioni in ordine alle quali sono stati identificati 223 livelli essenziali delle prestazioni potenziali, hanno rappresentato il primo risultato dei suoi lavori.
L’audizione di Cassese è importante perché con il rapporto del CLEP per la prima volta si è cercato di costruire un quadro unitario e completo, anche sulla base di quelli già definiti dalla normativa esistente, dei LEP per le 23 materie trasferibili in maniera differenziata alle Regioni, pur con opinioni diverse in certi casi tra i suoi membri. Pochi hanno colto che così si è riaperto di fatto il percorso previsto dalla legge delega n. 42/2009 per l’attuazione dell’art. 119 della Costituzione e dal D. Lgs. n. 68/2011, che hanno regolato il sistema di finanziamento delle Regioni a statuto ordinario prevedendo la definizione dei LEP, un percorso che però è stato attuato solo molto parzialmente, con successivi rinvii delle scadenze originariamente previste. Va tuttavia notato che, mentre tale legislazione era riferita a tutte le materie di competenza regionale, il mandato del Comitato si riferiva solo ai LEP relativi a quelle per le quali si prevede un meccanismo di differenziazione. Ma è difficile non pensare che il sistema dei LEP non debba essere definito in maniera unitaria, con riferimento anche alle c.d. materie residuali regionali, che comprendono competenze molto rilevanti per la garanzia dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale. Pensiamo solo a quelle relative all’assistenza e i relativi LEPS (livelli essenziali delle prestazioni sociali), nonché ai servizi che sono gestiti in condivisione da parte di più livelli di governo, come alcuni relativi alle funzioni fondamentali di Province e Comuni (i c.d. LEP multilivello). Ciò continua ad essere un limite dell’attività del Comitato, anche se al suo interno è stato istituito un undicesimo sottogruppo che deve occuparsi delle funzioni residuali non comprese nel suo mandato originario.
Cassese ha evidenziato come una volta fatta la ricognizione dei LEP presenti nelle funzioni aggiuntive (come per quelle residuali) è molto probabile che emergono dei vincoli finanziari alla copertura completa dei fabbisogni legati ai loro costi standard – laddove non coperti dalla capacità fiscale regionale – attraverso trasferimenti perequativi il cui meccanismo è però ancora tutto da definire. È quindi probabile che, considerando i vincoli legati agli equilibri di bilancio costituzionalmente garantiti, nei primi anni si potranno soddisfare i LEP solo parzialmente attraverso le risorse già destinate dallo Stato a quei servizi. Si tratta di quello che viene chiamato approccio top down, secondo cui non si parte dai fabbisogni per determinare i finanziamenti, ma dalle risorse attualmente stanziate e evidenziate nella ricognizione che saranno ripartite pro quota e potranno arrivare al finanziamento completo dei LEP solo nel medio-lungo periodo. Sarà il Parlamento a stabilire le priorità e il percorso da seguire, magari anche utilizzando gli obiettivi di servizio come tappa intermedia per raggiungere i LEP da fissare con legge (come avviene già per alcuni servizi sociali comunali). Ne deriva che la ricognizione della cabina di regia probabilmente si limiterà ad assumere come LEP quelli esistenti o di fatto forniti sul territorio valutandone costi e fabbisogni standard con il vincolo dell’assenza di nuovi oneri per la finanza pubblica, rendendo così più difficili nel breve periodo politiche di riequilibrio territoriale nella fornitura dei servizi. Del resto, questo è quello che è accaduto per il finanziamento dei LEA (livelli essenziali di assistenza) nel settore sanitario.
Insomma, per la prima volta si è cominciato a entrare sistematicamente in quella che Cassese ha definito – con una efficace metafora – la “terra incognita” dei livelli essenziali delle prestazioni. È una terra contrassegnata da una legislazione primaria e secondaria assai differenziata nei diversi settori di intervento regionali e rispetto alla quale occorre fare ordine, a cominciare dai profili concettuali dei LEP stessi che – come ha sottolineato Cassese – possono assumere connotati assai diversi. Si tratta di una esigenza che era già stata segnalata anche dall’Ufficio Parlamentare del Bilancio in una audizione dello scorso anno, in cui suggeriva che le disposizioni volte a determinare i LEP (in questo caso riferiti agli enti locali) fossero coordinate attraverso una legge quadro e riunite in un unico provvedimento.
Al di là di quello che succederà all’autonomia differenziata, sulla quale è in corso un conflitto politico legato ad alcune criticità del ddl 615 – messe in luce da numerosi interventi nelle audizioni tenute presso la Commissione Affari costituzionali del Senato – e il cui esito non è oggi prevedibile, sarebbe bene che le risultanze del lavoro del CLEP (che dovrebbe esaurirsi entro la fine dell’anno) avessero un’ampia diffusione. Esse potranno aiutare ad approfondire e chiarire la tematica dei LEP (meglio se con un occhio rivolto anche a quanto avviene in altre esperienze internazionali), anche se è difficile pensare che entro la fine dell’anno essi possano essere compiutamente definiti con i corrispondenti costi e fabbisogni standard (ancora non trattati), solo che si ricordi il tempo che è stato necessario per quelli di Comuni e Province. Visto che comunque la definizione dei LEP, più o meno completa, rappresenta una premessa indispensabile per l’attuazione del federalismo fiscale nel nostro Paese, previsto anche all’interno del PNRR, che in base alla legge di bilancio per il 2023 dovrebbe essere completato entro il primo quadrimestre del 2027, sarebbe auspicabile che il percorso dell’autonomia differenziata procedesse in parallelo e con le medesime scadenze.
*Collaboratore del Centro Studi sul Federalismo
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