Roberto Castaldi
Commento n. 143 - 5 marzo 2019
L’Unione Europea è più democratica di quanto molti pensano: infatti un momento decisivo per definirne gli equilibri politici e gli sviluppi futuri saranno le prossime elezioni europee. I cittadini europei saranno chiamati a decidere, con il loro voto, la direzione di marcia dell’UE.
Le forze nazionaliste in salsa populista cercano di dipingere la contesa come l’Europa del popolo contro l’Europa dell’élite, quando è evidente che quello tra i partiti è semplicemente uno scontro tra diverse élite. La vera contesa riguarda la scelta su come affrontare il mondo globalizzato. Insieme, come europei, per essere un attore alla pari con le altre grandi potenze di dimensioni continentali (come USA, Cina, Russia, India). O divisi, come Stati nazionali, vassalli dell’una o dell’altra grande potenza continentale. Perché è chiaro che nessuno Stato europeo da solo può contare sul piano globale, o affrontare le sfide internazionali, o stabilizzare l’area di vicinato. L'integrazione politica è indispensabile se gli europei vogliono contare qualcosa nel mondo di oggi per difendere i propri interessi e valori. E anche per offrire al mondo un modello di condivisione della sovranità, alternativo ai modelli egemonici propugnati dalle altre grandi potenze mondiali.
Oggi questo sembra difficile, anche a causa della svolta nazionalista del governo italiano. Eppure l’Italia ha spesso giocato un ruolo decisivo per l’integrazione, favorita dalla sintonia con la Francia sulle politiche e gli interessi concreti, e con la Germania sulle scelte istituzionali per realizzarle. Portatrice di istanze generali che accomunavano Paesi grandi e piccoli, l’Italia è stata il campione delle istituzioni sovranazionali, che meno si prestano ad essere dominate dagli interessi di due soli Paesi. È nel quadro intergovernativo che si fanno valere i rapporti di forza nazionali e si manifesta la tendenza alla creazione di un direttorio franco-tedesco, che può essere superata solo in un quadro sovranazionale, democratico e federale. Ed è la svolta nazionalista del governo italiano che spinge la Francia a rafforzare i legami bilaterali con la Germania, non potendo contare su una convergenza con l’Italia.
In realtà l’UE è già una sorta di incompleta "repubblica federale". Ha un legislativo bicamerale composto dal Parlamento (che rappresenta i cittadini europei ed è da loro eletto direttamente) e dal Consiglio (che rappresenta i governi nazionali), sebbene su alcune materie il Consiglio deliberi all’unanimità e abbia un ruolo preponderante, un’anomalia che va superata in modo generalizzato. Ha un giudiziario federale, la Corte di Giustizia, le cui sentenze sono vincolanti e immediatamente applicabili. Ha una Banca centrale federale, la Banca Centrale Europea, che determina e gestisce la politica monetaria. Ma non ha un vero governo federale. Questo è il deficit democratico, poiché la democrazia è la possibilità per i cittadini di scegliere chi li governa e di cambiarli.
Dividiamo i regimi democratici in parlamentari o presidenziali a seconda che l’esecutivo sia scelto attraverso l’elezione del Parlamento e sulla base delle conseguenti maggioranze parlamentari, o mediante l’elezione diretta di un presidente. L’UE ha per ora un esecutivo bicefalo: da un lato la Commissione è l’embrione di un governo parlamentare europeo, dovendo avere la fiducia del Parlamento; dall’altro lato il Consiglio Europeo (composto dai Capi di Stato e di governo nazionali) ha funzioni di indirizzo politico, che è un tipico potere del governo. Esistono sistemi federali parlamentari e sistemi federali presidenziali, e si può pensare anche all’evoluzione del Consiglio europeo in una sorta di Presidenza collegiale – come in Svizzera – con poteri simili a quelli del Presidente nei sistemi semi-presidenziali; con la Commissione come governo parlamentare. Così come a una fusione delle presidenze di Commissione e Consiglio con l’elezione diretta di un presidente dell’UE con una forte legittimità democratica e in grado di garantire la coerenza tra l’azione della Commissione e del Consiglio Europeo.
L’altro nodo istituzionale da affrontare è il superamento dell’unanimità – cioè della dittatura della minoranza – in tutto il sistema decisionale, inclusa la modifica e ratifica dei Trattati. Ovviamente, accanto all’evoluzione istituzionale, altrettanto importante è l’attribuzione di competenze e di poteri al livello federale, nei campi dove attualmente mancano.
Sono gli stessi cittadini europei, con le loro aspettative e desideri, raccolti dall’Eurobarometro, a individuare i punti decisivi. Vogliono che l’UE parli con una sola voce nel mondo, cioè chiedono maggiore integrazione sulla politica estera, di sicurezza e di difesa. In un mondo in cui le tensioni e le competizioni economiche e geopolitiche si acuiscono, l’unità europea è essenziale per garantire la sicurezza dei cittadini. Vogliono un’Europa più sociale e in grado di garantire sviluppo: il che richiede l’aumento del bilancio dell’UE (ora un misero 0,9% del PIL), fondandolo su risorse proprie. Ovvero su una capacità fiscale e di prestito per creare un vero Tesoro europeo e completare l’unione economica e monetaria, finanziando beni pubblici europei per la crescita e la coesione sociale. Vogliono un’Europa più efficace e solidale rispetto alla politica delle migrazioni, il che richiede maggiori poteri all’UE sulla gestione delle frontiere e l’integrazione dei migranti, oggi in mano agli Stati membri, il che limita la solidarietà verso gli Stati più esposti – nonostante le proposte in tal senso della Commissione, con l’appoggio del Parlamento Europeo. Infine vogliono un’Europa leader nel contrasto al surriscaldamento del Pianeta. E anche in questo campo un governo federale rafforzerebbe l’influenza europea nel mondo.
L’Europa dei cittadini o, se preferite, del popolo (europeo) non può che essere un’Unione in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini europei, ovvero un’Unione sovrana e democratica, le cui scelte dipendano dal voto dei cittadini europei. Ciò significa completare la trasformazione dell’Unione in una vera Federazione, tema di un recente intervento del Ministro Moavero Milanesi all’Accademia dei Lincei.
Questa sarebbe l’Europa del popolo, in grado di agire per difendere interessi e valori dei suoi cittadini sul piano mondiale e proteggerli nel quadro della globalizzazione, e in cui sono i cittadini a determinare con il loro voto gli equilibri politici e le politiche pubbliche. Le elezioni europee saranno un momento di scontro tra chi vuole costruire una vera sovranità europea dove manca, cioè un'Europa del popolo, ovvero federale, e chi vuole tornare alle sovranità nazionali ottocentesche, smantellando la sovranità europea costruita finora.
*Professore associato di Filosofia politica e Direttore del Centro di Ricerca sui processi di integrazione e governance multi-livello dell'Università eCampus; per il CSF, co-editor di Perspectives on Federalism