Gabriele Casano
Commento n. 220 - 27 maggio 2021
Gli effetti della pandemia da Covid-19 hanno avuto un forte impatto sulle economie dei Paesi africani, provocando una contrazione della crescita e mettendo in discussione la possibilità di implementare le strategie di sviluppo del continente sia nel breve sia nel lungo periodo (l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e l’Agenda 2063 dell’Unione Africana). Questi sono stati alcuni dei temi cruciali affrontati in occasione del Summit sul Finanziamento delle Economie Africane di Parigi del 18 maggio scorso. Hanno preso parte all’evento quasi 30 Paesi africani e otto Paesi europei, cui si sono aggiunti USA, Canada, Cina, Giappone, UAE e Arabia Saudita; inoltre hanno partecipato al Summit i Presidenti dell’Unione Africana, della Commissione dell’Unione Africana, del Consiglio Europeo e la Presidente della Commissione Europea.
Se i temi principali del Summit sono stati le strategie di finanziamento delle economie africane alla luce della recessione, anche le questioni relative al superamento della pandemia e alle vaccinazioni hanno rivestito un ruolo di primo piano. Sono emerse, ancora una volta, le distanze tra chi propende per la sospensione dei brevetti sui vaccini e chi non ritiene necessaria questa misura. Le conclusioni del Summit di Parigi su questo tema si limitano ad affermare la necessità di un'ampia immunizzazione del continente africano. Essa dovrà essere garantita attraverso un accesso equo a vaccini sicuri ed economici, un aumento delle capacità locali di produzione e, su base volontaria, la condivisione di know-how, tecnologie e proprietà intellettuale.
Il Summit ha indicato che per un rilancio del continente africano si devono affrontare le necessità di finanziamento mirate a una ripresa rapida, verde, sostenibile e inclusiva e si deve innescare una crescita a lungo termine, sostenuta da un settore privato e da una dinamica imprenditoriale vivaci e dalla realizzazione di progetti infrastrutturali di qualità. Viene inoltre sottolineata la necessità di garantire un utilizzo trasparente ed efficace delle risorse messe in campo; il passato insegna quanto sia cruciale implementare meccanismi di controllo in questo ambito per garantire gli effetti positivi auspicati.
Con la dichiarazione finale del Summit, è stato di fatto delineato il piano volto a garantire la concreta attuazione di quella strategia di rilancio del continente. In tempi brevi, è necessario procedere sia con la mobilitazione di sostanziosi finanziamenti provenienti dal settore privato sia attraverso una cospicua assegnazione generale dei diritti speciali di prelievo (SDRs) del FMI, che possa anche superare la quota parte di circa 33 miliardi riservata ad oggi ai Paesi africani. Terreno scivoloso rimane la questione della ristrutturazione del debito, poiché permangono dubbi da parte di molti Paesi africani, preoccupati dai possibili effetti collaterali.
La dinamicità potenziale del continente rischia di soffrire ancora a lungo a causa della pandemia se non verrà sorretta da un piano di finanziamento consistente, soprattutto se si considera che, secondo le stime dell’ONU, entro il 2030 nel continente africano 30 milioni di giovani entreranno ogni anno nel mercato del lavoro. A ciò si aggiungono gli effetti negativi dovuti a una profonda difficoltà nell’accesso ai finanziamenti e al ruolo rilevante dell’economia informale.
Secondo studi dell’OCSE e dell’UNDP, quasi il 20% delle imprese africane identificano nell'accesso ai finanziamenti un ostacolo per le loro attività. Inoltre, considerato che le imprese africane hanno meno probabilità di ottenere un prestito bancario rispetto a quelle di altre regioni del mondo, la necessità di implementare strategie e politiche adeguate in questo campo è più che mai fondamentale. La creazione di un ambiente economico in cui i rischi siano ridotti, in cui l’economia formale soppianti in maniera sostanziale quella informale, in cui sia garantito lo stato di diritto e, di conseguenza, si tuteli il diritto alla proprietà e si riducano corruzione e instabilità, restano presupposti indispensabili per assicurare nuovi posti di lavoro e ridurre la povertà nel continente africano.
Accanto alle istituzioni multilaterali, quali il FMI e la Banca Mondiale, ai Paesi maggiormente sviluppati e alle organizzazioni regionali, quali l’UE e l’UA, gli attori chiamati a contribuire attivamente al rilancio dell’Africa sono le banche per lo sviluppo regionali e locali, le stesse istituzioni nazionali africane e gli investitori privati. Gli strumenti fin qui implementati o in procinto di nascere dovranno costituire l’ossatura del rilancio del continente africano, nell’interesse dell’intera economia mondiale. Pertanto, occorre delineare strategie ambiziose. La dichiarazione congiunta del 18 maggio va in questa direzione e preannuncia un decisivo protagonismo del continente africano nel prossimo futuro.
La partecipazione delle più grandi potenze economiche, in primis Cina e USA, testimoniano l’importanza della questione trattata, ma è di ancor maggior rilievo la partecipazione dell’Unione Europea attraverso i Presidenti del Consiglio europeo e della Commissione. Come già evidenziato, le relazioni UE-Africa e UE-UA si inseriscono in una strategia europea di rafforzamento dei legami politici ed economici con il gruppo ACP, le cui linee guida sono state tracciate tramite l'accordo post-Cotonou siglato il 15 aprile 2021. Se per quanto riguarda i Caraibi e il Pacifico le negoziazioni sui singoli protocolli sono allo stato embrionale, tutt'altro discorso si può fare nei confronti del partenariato con il continente africano.
Tenuto conto che circa un terzo del totale delle esportazioni e importazioni africane avvengono con l’Europa e che quest’ultima mobilita annualmente un volume di investimenti esteri diretti superiore ai 220 miliardi di euro, ma anche considerata l’attenzione rivolta dalle istituzioni europee al continente africano negli ultimi anni, e in particolare alla costituzione di un’area continentale di libero scambio (AfCFTA), l’Unione Europea si presenta nei rapporti con l’Africa in una posizione privilegiata sullo scacchiere internazionale. A dimostrazione della rilevanza primaria del continente africano nell’agenda politica dell’UE vi sono, per esempio, la Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2021 su una nuova strategia UE-Africa, le Conclusioni del Consiglio sull'Africa del 30 giugno 2020, e ovviamente la Comunicazione della Commissione “Towards a comprehensive Strategy with Africa” del 9 marzo 2020.
A partire dai punti sollevati e dalle proposte presentate nella dichiarazione conclusiva del Summit di Parigi appare evidente che l’Unione Europea deve confermarsi quale partner privilegiato nei rapporti con il continente africano. Occorre dar seguito alle dichiarazioni tramite una strategia europea congiunta, in grado di rispondere alle reali necessità sia degli Stati Membri sia delle controparti del Sud. Fin dal 2020 sono stati delineati i cinque principali settori di intervento: la transizione verde e l'accesso all'energia, la trasformazione digitale, la crescita sostenibile e l'occupazione; l’ambito della pace, sicurezza e governance e, infine, quello relativo alla migrazione e alla mobilità. Ora occorre dare forma concreta alla partnership: se l’Africa è il partner naturale dell’Unione Europea, il VI Vertice Unione Europea-Unione Africana, dell’autunno prossimo, dovrà essere l’occasione per consolidare questo rapporto strategico.
*Dottore in Area&Global Studies for International Cooperation all’Università degli Studi di Torino