Federico Fabbrini
Commento n. 241 - 15 dicembre 2021
Tra meno di due settimane la Francia assumerà la presidenza del Consiglio dell’Unione europea (UE). La presidenza francese avviene in un momento chiave del processo d’integrazione europea. Da un lato, la pandemia di Covid-19 ha consentito all’UE di fare nell’ultimo anno e mezzo un grande balzo in avanti. In particolare, l’istituzione del Fondo per la ripresa “Next Generation EU” del valore di oltre 800 miliardi di euro a prezzi correnti ha dotato per la prima volta l’UE di una vera capacità di bilancio, spesa e indebitamento comune -- che ha trasformato l’architettura di governance economica europea in direzione sempre più federale. Dall’altro lato, tuttavia, l’UE continua ad affrontare numerose difficoltà. Come ha sottolineato il 9 dicembre scorso il Presidente francese Emmanuel Macron nel presentare il semestre francese di presidenza, l’UE affronta delle sfide esistenziali, sul piano climatico, tecnologico e geo-politico.
In questo contesto, la presidenza francese assume un ruolo importante. Naturalmente, la rilevanza delle presidenze semestrali del Consiglio dell’UE, che ruota ogni sei mesi tra i 27 stati membri dell’Unione, è diminuita di importanza, specie a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009. Le presidenze semestrali sono periodi troppo brevi per consentire ad un Paese membro di portare del tutto a compimento la propria agenda, specie se questa implica l’adozione di atti legislativi comunitari, che richiedono generalmente tempi più lunghi per l’approvazione. Inoltre, le presidenze semestrali si scontrano oggi con la realtà del fatto che l’UE è dotata di altre presidenze, quali la Presidenza del Consiglio europeo, o dell’Eurogruppo, oltre che ovviamente della Commissione, che hanno un orizzonte temporale maggiore. Ciò nondimeno, è evidente che alcuni Stati membri grandi e influenti possono utilizzare la presidenza del Consiglio UE come un’occasione per imprimere una svolta e un’ambizione al progetto europeo.
Il programma della presidenza francese -- che si struttura attorno ai tre concetti chiave di puissance, relance e appartenance - mira a realizzare un simile obiettivo. Infatti, esso si presenta in larga parte come la realizzazione della visione del futuro dell’Europa presentata dal Presidente Macron nel suo fondamentale discorso della Sorbona del 2017. In particolare, il programma è strutturato attorno a tre assi. In primo luogo, la Francia mira a rafforzare la sovranità dell’Europa, soprattutto nel campo della politica estera e di vicinato, ma altresì in quello della politica migratoria - con un pilotaggio politico dell’area Schengen - e della politica di difesa - con un rafforzamento della bussola strategica UE, che dovrebbe essere adottata nel corso della presidenza francese. In secondo luogo, la Francia ambisce a rafforzare l’unità dell’Europa, soprattutto nel campo della politica economica e sociale, al fine di rafforzare gli investimenti necessari a sostenere la transizione climatica e tecnologica. In terzo luogo, la Francia aspira a promuovere l’Europa democratica e dei valori, intesa come idea umanistica, difendendo lo stato di diritto, migliorando il funzionamento della democrazia europea e investendo su iniziative culturali comuni.
L’agenda francese è estremamente ambiziosa, ma una serie di fattori potrebbero favorire un suo successo. Innanzi tutto, la recente conclusione, il 26 novembre, del Trattato del Quirinale ha rafforzato il legame bilaterale tra Francia e Italia, codificando in termini giuridicamente vincolanti l’allineamento politico tra questi due paesi sull’orizzonte di sviluppo dell’UE: questo crea una solida alleanza tra Italia e Francia, che può essere utile a creare massa critica nell’UE. D’altro canto, anche la Germania - che è storicamente legata alla Francia dai trattati bilaterali di cooperazione del 1963 e del 2019 - si è recentemente espressa a favore di un rilancio del progetto europeo: la nuova coalizione di governo, infatti, ha esplicitamente accettato nel Koalitionsvertrag degli ambiziosi obiettivi di riforma dell’UE, che, pur con zone d’ombra, si avvicinano al programma francese. Infine, l’agenda francese è altresì adiuvata dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa – essa stessa il prodotto dell’ingegno del Presidente Macron, che l’aveva lanciata nel marzo 2019 – che finirà i suoi lavori nella primavera 2022: sebbene l’impatto di questo esercizio sia tuttora incerto, la Conferenza ha costituito un’iniziativa utile per ravvivare il dibattito sul futuro dell’Europa, nel quale si inserisce il programma di riforme del semestre francese.
Naturalmente la presidenza francese del Consiglio dell’UE va incontro anche ad una serie di ostacoli, che possono minarne il successo – ed indebolire il progetto europeo. Innanzitutto, il futuro della Francia stessa costituisce un punto interrogativo posto che – proprio durante il semestre di presidenza – i cittadini francesi saranno chiamati a eleggere direttamente (in aprile e maggio 2022) il capo dello stato e (in maggio e giugno 2022) i rappresentanti all’Assemblea Nazionale. Sebbene vi siano ormai altri precedenti di sovrapposizioni tra presidenze semestrali ed elezioni (o crisi di governo) nei Paesi membri che detengono la presidenza del Consiglio dell’UE, è evidente che una campagna elettorale nazionale inevitabilmente sarà una distrazione che potrebbe diminuire la capacità della Francia di guidare il dibattito europeo. Al di là delle questioni interne, vi sono inoltre una serie di sfide esterne che minacciano la presidenza francese: in particolare, la crisi dello stato di diritto – con lo scontro sempre più forte tra Ungheria e Polonia e la Commissione europea sull’indipendenza della magistratura – ha creato una profonda frattura tra est e ovest dell’Europa. D’altro canto, significative diversità di vedute sopravvivono tra Nord e Sud dell’Europa, specialmente sui temi di bilancio ed il futuro dell’Unione economica e monetaria.
In conclusione, il 2022 si preannuncia come un anno denso di opportunità e pericoli per l’UE. Se la presidenza francese, ispirata dalla visione europeista del Presidente Macron, apre uno spazio utile per rilanciare il progetto europeo in prospettiva federale, è indispensabile che i Paesi e le forze politiche che condividono la medesima ambizione si mobilitino per sostenere questo combat pour l’Europe, contro i movimenti sovranisti che mirano invece a disintegrarla.
*Professore ordinario di diritto dell’UE presso la Dublin City University, in Irlanda, dove è direttore fondatore del Brexit Institute e del Centro d’Eccellenza Jean Monnet REBUILD (‘Recovery of Europe, Budget of the Union: Integration, Law & Democracy’)