Gabriella Perotto e Alberto Miglio
Commento n. 231 - 19 ottobre 2021
Il precipitoso ritiro della NATO dall’Afghanistan ha riportato al centro del discorso politico l’opportunità di rafforzare l’integrazione europea in materia di sicurezza e difesa, anche per il tramite della creazione di una forza militare europea con autonomia strategica, capace di essere dispiegata e di intervenire in modo rapido ed efficace in contesti di crisi internazionale. Come la storia ha spesso dimostrato, situazioni di crisi come quella ricordata possono rappresentare importanti catalizzatori per la prosecuzione del percorso di integrazione europea.
Negli ultimi mesi, da più parti si sono levate voci in favore del rafforzamento della cooperazione in materia di difesa e della formazione di una forza di primo intervento europeo, ritenuti indispensabili perché l’Unione possa presentarsi come attore autorevole sullo scacchiere internazionale. Basti ricordare le parole della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che nel discorso sullo stato dell’Unione del settembre scorso ha sottolineato la necessità di “passare a una fase successiva” con la creazione di una “Unione europea della difesa” e annunciato la convocazione di un vertice sulla difesa europea durante il semestre di presidenza francese del Consiglio. Sulla stessa linea possono essere segnalate le dichiarazioni rese dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Josep Borrell, che ha evocato la creazione di una “Initial Entry Force” europea, e dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Nell’ambito del quadro istituzionale dell’Unione europea sono già presenti diversi livelli di cooperazione in materia militare. Il più rilevante e discusso è senza dubbio la cooperazione strutturata permanente (PESCO), strumento che ad oggi conta l’attivazione di 46 progetti in vari settori (strutture di formazione, sistemi di formazione terrestre, sistemi marittimi e aerei, ciberdifesa, ecc.) e un ampio coinvolgimento degli Stati membri. La cooperazione strutturata permanente, avviata nel 2017 sulla base dell’art. 42(6) TUE, vede infatti la partecipazione di 25 Stati, ossia l’intera compagine degli Stati membri ad eccezione della Danimarca e di Malta, sebbene gruppi più piccoli e volta per volta variabili prendano parte ai singoli progetti. Inoltre, sempre nell’ambito della politica di sicurezza e difesa comune è attiva l’Agenzia europea per la difesa, che si occupa di promuovere e facilitare la cooperazione tra Stati membri in materia di armamenti, ricerca e spese militari. Infine, sul piano finanziario, gli sforzi di collaborazione tra Stati membri volti allo sviluppo di tecnologie militari possono contare sul contributo del Fondo europeo per la difesa.
L’attuale livello di cooperazione che si è instaurato fra gli Stati membri non ha tuttavia portato alla creazione di una forza di primo intervento genuinamente europea che, in caso di necessità, sia reattiva e pronta per essere schierata rapidamente, sebbene i Trattati europei consentano questa opzione – l’articolo 42(2) TUE chiarisce anzi che il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, ha addirittura il potere di istituire una vera e propria “difesa comune”. Esistono nondimeno strumenti di cooperazione fra Stati membri che sono già presenti e potrebbero risultare utili a questo fine. Pur operando al di fuori del quadro istituzionale dell’Unione, tali strumenti potrebbero essere rafforzati, sia mediante l’adesione di Stati membri che attualmente non vi partecipano sia, eventualmente, mediante la loro inclusione nell’ambito della politica di sicurezza e difesa comune. L’Eurocorpo è lo strumento di maggiore interesse in tale prospettiva.
L’Eurocorpo è una forza multinazionale regolata da un accordo internazionale e con quartier generale a Strasburgo. Ad oggi, è composto da 5 Framework Nations (Francia, Germania, Spagna, Belgio e Lussemburgo) e 6 Associate Members (Italia, Grecia, Polonia, Romania, Turchia e Austria). Pur mantenendo la propria autonomia, l’Eurocorpo è già a disposizione dell’Unione europea. In particolare, a partire dal vertice europeo di Colonia del giugno 1999, l’Eurocorpo ha sviluppato legami sempre più intensi con le istituzioni europee, in particolare attraverso la firma di una "lettera d'intenti" con lo Stato Maggiore dell’Unione europea (EUMS) nel 2016 e la partecipazione a missioni di formazione dell’Unione europea (EUTM). Allo stato dell’arte, l’Eurocorpo non può tuttavia ancora ritenersi a tutti gli effetti una forza di primo intervento europea in quanto, nonostante la stretta collaborazione con le istituzioni, esso non è formalmente integrato nella politica di sicurezza e difesa comune. Inoltre, nonostante il coinvolgimento in varia forma dei Paesi europei con capacità militari più significative, la partecipazione degli Stati membri è ancora piuttosto limitata.
L’inclusione nel quadro istituzionale dell’Unione europea dell’Eurocorpo sarebbe sicuramente la via auspicabile ai fini della creazione di una forza di primo intervento europea. Infatti, si potrebbe approfittare di uno strumento già dotato di una propria struttura organizzativa, che riflette la sua natura prettamente multinazionale. A prescindere dagli strumenti giuridici che consentirebbero tale inglobamento, verosimilmente nel quadro della stessa cooperazione strutturata permanente, è del tutto evidente come l’elemento necessario per consentire questo passaggio sia la volontà politica degli Stati membri, in primis le parti del trattato istitutivo dell’Eurocorpo. I tempi sembrano essere favorevoli per un progresso in questa direzione, anche alla luce della Brexit che ha escluso dai giochi uno strenuo oppositore della politica comune in materia di difesa come il Regno Unito. Tuttavia, un passaggio intermedio potrebbe essere rappresentato dall’adesione al trattato sull’Eurocorpo degli Stati membri interessati al rafforzamento della difesa europea e, soprattutto, dalla piena partecipazione in qualità di Framework Nations degli Stati che ad oggi sono Associate Members. Fra questi figura l’Italia che, proprio alla luce delle parole spese dai suoi più alti rappresentanti rispetto alla volontà di rafforzare la dimensione europea della difesa, potrebbe ambire ad un ruolo più centrale e decisivo anzitutto nell’ambito dell’Eurocorpo. Un tale passo potrebbe a sua volta contribuire a creare la necessaria massa critica per l’incorporazione dell’Eurocorpo nel quadro della cooperazione strutturata permanente e, di conseguenza, per l’istituzione di una forza operativa genuinamente europea.
*Rispettivamente Dottoranda in Diritti e istituzioni e docente a contratto di Diritto dell’Unione europea e Ricercatore di Diritto dell’Unione europea all’Università degli Studi di Torino