Federico Fabbrini
Commento n. 269 - 31 luglio 2023
Il 27 luglio scorso il Ministro per gli affari europei, il sud, le politiche di coesione e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Raffaele Fitto, ha presentato la proposta per la revisione del PNRR e per l’istituzione all’interno di questo di un capitolo dedicato a REPowerEU. Il giorno successivo la Commissione europea ha approvato il pagamento della terza rata del PNRR, relativa agli obiettivi di dicembre 2022, e contestualmente dato il proprio benestare alla revisione mirata degli obiettivi della quarta rata del PNRR, di giugno 2023, con slittamento di alcuni milestones a dicembre 2023. Nelle notizie di stampa è emersa una certa confusione, che è opportuno chiarire. La decisione della Commissione europea riguarda il passato, in quanto conferma il raggiungimento degli obiettivi di fine anno scorso, autorizzando quindi il relativo pagamento, e dà una valutazione positiva alla micro-modifica degli obiettivi di giugno 2023, su cui dovrà però decidere il Consiglio dell’UE. La proposta del Governo, invece, riguarda il futuro, e costituisce una maxi-modifica del PNRR originario – e su essa conviene dunque focalizzarsi.
Il documento avanzato dal Ministro Fitto, che è stato presentato al Parlamento per una deliberazione e voto prevista il 1° agosto, introduce una serie di modifiche al PNRR per gli anni 2023-2026, aggiungendo ad esso un nuovo capitolo, detto REPowerEU, adottato in ottemperanza al regolamento UE 2023/435. Tale regolamento, approvato in risposta alla crisi energetica causata dalla guerra di invasione della Russia in Ucraina, aumenta le disposizioni finanziarie del Next Generation EU con nuove risorse che la Commissione attribuisce sotto forma di sussidi e prestiti agli stati membri, al fine di favorire una transizione energetica socialmente sostenibile e accelerare l’indipendenza energetica da fonti rinnovabili. Il progetto di revisione complessiva del PNRR approntato dal Governo Meloni si presta però ad una serie di critiche, su vari aspetti.
Primo, per quanto riguarda le tempistiche, il progetto di modifica del PNRR ha richiesto un lasso di tempo ingiustificatamente lungo. Considerato che il Governo Meloni è entrato in carica nell’ottobre 2022, e che ben prima delle elezioni del settembre 2022 il partito Fratelli d’Italia (all’opposizione durante il Governo Draghi) aveva manifestato la sua intenzione di rivedere il PNRR, ci sono voluti quasi 10 mesi per approntare una proposta di revisione. Queste tempistiche stridono con la performance del Governo Draghi, che, entrato in carica nel febbraio 2021, ha predisposto ex novo il PNRR – e non una sua semplice modifica – in appena due mesi.
Secondo, per quanto riguarda il valore della revisione, nonostante la proposta avanzata preveda modifiche a quasi 1/3 degli obiettivi originariamente previsti dal PNRR (144 su 349), in realtà essa ha un ammontare piuttosto modesto: 19,2 miliardi di euro, che è appena il 10% dell’ammontare totale del PNRR (come si ricorderà 191,5 miliardi di euro, a cui si aggiungono 30,6 miliardi originariamente previsti dal fondo complementare, la cui dotazione potrebbe però aumentare). Considerata la durata della gestazione, e l’enfasi politica attribuita dal presente Governo alla revisione di quanto fatto dal precedente, l’impressione è che la revisione si limiti per lo più ad abbandonare alcuni ambiziosi obiettivi del PNRR originario, come il taglio dell’arretrato nella giustizia.
Terzo, per quanto riguarda la strategia, non può sfuggire come al di là dei rivoluzionari proclami ministeriali di rivedere a fondo il PNRR la scelta fatta dal Governo sia risultata essere ampiamente prevedibile. Come scritto in un altro Commento il 3 aprile 2023, “la soluzione più percorribile per l’Italia [nel rivedere il PNRR era] fare leva sulla approvazione, nel febbraio scorso, del regolamento istitutivo del RePowerEU che richiede a ciascuno stato membro di presentare alla Commissione […] una proposta di modifica del PNRR.” E proprio così è stato. Le proposte di revisione avanzate ieri si inseriscono in un pacchetto di modifiche nelle quali il capitolo REPowerEU la fa da padrone, andando a riassorbire tutte le risorse liberate dalla modifica delle milestones e dei targets previsti nel PNRR originario.
Stando così le cose è ancora più difficile capire perché l’Italia abbia aspettato così a lungo per avanzare il proprio capitolo REPowerEU. Contrariamente a quanto spesso affermato pubblicamente, il regolamento REPowerEU non stabiliva affatto che gli stati membri avrebbero avuto tempo sino ad agosto 2023 per introdurre i loro piani. Al contrario, il considerato n. 30 del regolamento UE 2023/435, entrato in vigore il 28 febbraio 2023, afferma esplicitamente che “Gli Stati membri sono incoraggiati a presentare i capitoli dedicati al piano REPowerEU quanto prima e preferibilmente entro due mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento modificativo”. Infatti, ad oggi, non solo molti stati membri hanno già presentato i propri piani REPowerEU, ma il 14 luglio scorso il Consiglio dell’UE ha già approvato quelli di Francia, Malta e Slovacchia.
Qual è ora la procedura? La stessa per la micro-modifica avanzata dall’Italia con riferimento agli obiettivi di giugno 2023. In seguito alla approvazione da parte della maggioranza in Parlamento, il Governo italiano dovrà sottoporre la propria proposta di maxi-modifica del PNRR alla Commissione europea, la quale dovrà valutarla come previsto dal Regolamento UE 2021/241 sulla ripresa e la resilienza. Se la Commissione darà parere positivo spetterà poi al Consiglio dell’UE decidere se approvare la maxi-modifica al PNRR, facendola propria tramite una decisione di implementazione, di natura giuridica vincolante. Da questo punto di vista, costituisce forse un fattore di rischio il fatto che l’ammontare del capitolo REPowerEU dell’Italia destinato alle “riforme” sia appena di 100 milioni di euro, su un totale di 19,2 miliardi – con la maggior parte delle risorse destinate a pagare “investimenti”, che sembrano per lo più spesa corrente.
Se comunque, come si spera, l’UE approverà la proposta italiana, essa autorizzerà anche l’ulteriore stanziamento di sussidi verso l’Italia che come previsto all’allegato 1 del regolamento REPowerEU ammontano a 2,7 miliardi di euro addizionali. Ciò costituisce il 13,8% dei 20 miliardi di euro in più messi sul piatto da REPowerEU e finanziati tramite l’emissione di titoli di scambio di quote di emissioni inquinanti, l’Emission Trading System. Ciò rende ancora una volta l’Italia (questa volta assieme alla Polonia) lo stato membro che riceve in assoluto più risorse da parte dell’UE.
*Professore ordinario di diritto dell’Unione europea, Dublin City University; Fernand Braudel Fellow, Istituto Universitario Europe
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