Antonia Battaglia
Commento n. 132 - 11 settembre 2018
L’Unione Europea (UE) ha di recente finalizzato i negoziati per l’accordo commerciale con il Giappone, al fine di aumentare il volume degli scambi bilaterali: un mercato che copre più di 600 milioni di consumatori e che già adesso per le aziende europee ha al suo attivo 58 miliardi di euro di export in merci e 28 miliardi in servizi. Più di 600.000 posti di lavoro in Europa sono legati al commercio con il Giappone, con circa 74.000 aziende che potranno beneficiare della soppressione dei dazi non appena gli accordi saranno entrati in vigore.
Firmato a Tokyo il 17 luglio scorso dal Presidente della Commissione Juncker, dal Presidente del Consiglio Tusk e dal Premier Shinzo Abe, l’EPA (Economic Partenership Agreement) prevede la rimozione delle barriere e la definizione di regole comuni per migliorare il commercio tra le due parti, prefiggendosi anche di lavorare alla messa a punto di nuove regole per migliorare il commercio mondiale. I negoziati erano stati completati, dopo due anni di lavoro, nel dicembre 2017; dopo la firma l’accordo dovrà adesso passare attraverso i processi di verifica legale, e poi essere sottoposto al voto del Parlamento Europeo. L’intesa copre aree di fondamentale importanza per l’economia europea: l’export dei prodotti agricoli ed agroalimentari; i prodotti ad indicazione di origine controllata; i prodotti chimici e farmaceutici; la pelletteria e il settore abbigliamento. Inoltre, essa include anche la possibilità per le aziende europee di partecipare a gare di appalti pubblici in Giappone, e viceversa.
Ciò che sembra aver accelerato quella che era una partnership già matura, è stato il nuovo corso della politica degli Stati Uniti, caratterizzato da una forte spinta unilateralista in materia di accordi commerciali, con l’adozione di conseguenti politiche (o piuttosto misure – pare difficile considerarle politiche strutturate, vista la repentinità con la quale esse mutano) protezionistiche adottate dall’amministrazione Trump.
Il Giappone e l’UE hanno salutato con grande entusiasmo la conclusione di un accordo che, secondo le parti, si vuole non solo di natura commerciale, ma propedeutico a una vera e propria “unione culturale” tra due partner che condividono sulla scena politica ed economica mondiale i valori della stabilità, della pace e della promozione del multiculturalismo quale strumento principe per garantire il rispetto degli ordinamenti internazionali.
Una delle principali aree di cooperazione tra l’Unione Europea ed il Giappone, infatti, come è stato annunciato anche dai rispettivi leader, sarà quella rappresentata dal lavoro di revisione delle regole e del funzionamento dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio (OMC), la cui imparzialità ed efficacia sono state messe a dura prova dalle scorrette politiche commerciali della Cina, principale origine e causa delle azioni e delle risposte di chiusura americane, rivolte tuttavia ingiustificatamente anche verso partner commerciali affidabili quali l’Unione Europea.
È una vera offensiva “di charme” quella che il Giappone sta portando avanti a Bruxelles, con la nomina di un Ambasciatore presso l’UE e la NATO, per rafforzare la cooperazione non solo con l’Unione ma anche con i diversi Stati Membri, per seguire da vicino la questione della Brexit (che ha un impatto rilevante su importanti investimenti industriali e finanziari nipponici) e poter fare affidamento sul supporto delle Istituzioni europee nella risoluzione di questioni per il Giappone di primaria importanza come la Corea del Nord, il contenimento del potere cinese sui mercati mondiali, la modifica delle regole dell’OMC, le relazioni con la Russia.
Impegnato nella difficile definizione di accordi di partnership commerciale anche con la stessa Cina e con l’India, il Giappone si conferma un partner affidabile per l’Unione Europea, che potrebbe occupare un posto strategico di primo piano quale alleato anche sulla cooperazione industriale e sul rispetto degli Accordi di Parigi sul clima ( ai quali l’EPA è collegato).
L’accordo UE-Giappone riveste, come detto, un’importanza fondamentale per lo sviluppo di vasti settori dell’economia europea. Esso riconosce un ruolo centrale anche allo sviluppo delle piccole e medie imprese, oggetto di un’attenzione crescente da parte delle azioni sulle politiche industriali dell’Unione, quale spina dorsale della produzione e attore principale dell’export europeo. I meccanismi di protezione e il principio di precauzione, con l’applicazione degli standard di legge europei ai prodotti in entrata sul mercato, saranno garantiti in base alle disposizioni previste con la creazione recente dell’“Investment Court System”, che coprirà appunto anche l’accordo con il Giappone.
La definizione di una più incisiva strategia di sviluppo dell’industria europea, alla quale la Commissione Juncker sta lavorando (e sperabilmente lavorerà la Commissione che si insedierà nel 2019), può essere fondamentale per quel rilancio economico dell’Europa al quale trattati commerciali come quello euro-giapponese danno un importante contributo. Ma le conseguenze positive degli accordi di partnership commerciale sono di natura anche diplomatica, non solo economica. La diplomazia commerciale, tassello fondamentale nella costruzione degli equilibri di pace, trova nell’azione comune dell’UE e del Giappone un punto di partenza per una partnership allargata, che si potrebbe dotare anche di strumenti relativi alla cooperazione in materia di sicurezza su scala mondiale.
* Responsabile dell’Ufficio di Bruxelles del Centro Studi sul Federalismo