Le scelte della seconda Commissione von der Leyen

Le scelte della seconda Commissione von der Leyen

Flavio Brugnoli

Commento n. 302 - 19 luglio 2024

Alla fine, è andata meglio di cinque anni fa: la Presidente uscente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ieri a Strasburgo ha ottenuto dal Parlamento europeo la fiducia per un secondo mandato, con 401 voti a favore su una maggioranza richiesta di 361. Il 16 luglio 2019 von der Leyen l’aveva spuntata per solo nove voti: 383 sui 374 richiesti. La “coalizione” composta da popolari, socialisti&democratici e liberali, rafforzata dai verdi, ha tenuto. Ma anche stavolta la marcia di von der Leyen verso il traguardo non è stata né agevole né lineare.

Il fatto che la elezione del(la) Presidente della Commissione avvenga a scrutinio segreto ha, se non altro, contribuito a rendere più incerte e ricche di pathos le settimane seguite al voto europeo del 6-9 giugno scorsi, a livello europeo e a livello nazionale. D’altro canto, per quanto possa essere opinabile e imperfetto il meccanismo dei “candidati capilista” (Spitzenkandidaten), sarebbe stato alquanto suicida per il Parlamento europeo negare la fiducia alla candidata indicata dal partito, il PPE, che ha ottenuto il miglior risultato nelle urne europee.

Nel discorso a Strasburgo von der Leyen ha potuto illustrare solo in parte “La scelta dell’Europa”, ovvero gli Orientamenti politici 2024-2029 da lei proposti. Essi tengono conto, ha sottolineato la candidata Presidente, sia delle consultazioni con le forze democratiche (sic) nel Parlamento europeo sia dell’Agenda Strategica 2024-2029 del Consiglio europeo, ovvero delle istanze di chi rappresenta i cittadini, da un lato, e gli Stati nazionali, dall’altro. Un programma quinquennale che scaturisce, di necessità, da equilibri e compromessi fra diversi obiettivi, ma che deve saper indicare dei punti fermi e un orizzonte strategico per l’Unione europea, in un mondo in tempesta.

È inevitabile che una Presidente che si presenta per una conferma del mandato sia valutata anche in base ai risultati ottenuti nel ciclo precedente.  La prima Commissione von der Leyen si era data obiettivi ambiziosi, con la “doppia transizione”, ecologica (incarnata dal Green Deal) e digitale. E ha saputo rispondere con lungimiranza agli shock che hanno rischiato di travolgere l’Unione, dalla crisi pandemica, all’aggressione della Russia all’Ucraina, alla crisi energetica, all’acutizzarsi dell’emergenza climatica. Scelte come Next Generation EU, SURE, REPowerEU, l’emissione di debito comune, il sostegno (militare, finanziario, umanitario) all’Ucraina, costituiscono pietre miliari sulle quali continuare a costruire il futuro dell’Unione.

I paletti indicati da von der Leyen in campagna elettorale, e nelle negoziazioni per il suo secondo mandato, erano stati ampi, ma chiari: essere pro-Ue, pro-Ucraina, pro-Stato di diritto. Delineano un preciso perimetro politico e valoriale: sostenere il processo di integrazione, affermare una continuità in politica estera, non fare sconti sui principi cardine della democrazia. Ma le sfide che abbiamo davanti, su molti fronti, richiedono di andare oltre, di saper delineare e comunicare “una certa idea dell’Europa”: del suo modello di sviluppo e del suo ruolo nel mondo. Con la capacità, laddove necessario, di imparare anche da limiti o debolezze precedenti.

Von der Leyen al Parlamento europeo ha prospettato almeno sei pilastri strategici: un piano sostenibile per la competitività europea; una “nuova era” per la difesa e la sicurezza europee; un’attenzione trasversale a qualità della vita e bisogni delle persone; la necessità di proteggere la nostra democrazia e di sostenerne i valori; la promozione di una “Europa globale”; l’impegno, in parallelo, su allargamento e riforma dei Trattati. Tutto questo, spesso collegato alla definizione di un’ambiziosa “agenda dei primi 100 giorni” e alla individuazione di incarichi e portafogli per i Commissari della sua futura squadra. Vediamone brevemente alcuni capitoli.

La nuova Commissione non arretrerà su scadenze e obiettivi del Green Deal, che andrà però messo in sinergia con politiche e strumenti innovativi, nel quadro della “autonomia strategica” europea: dalla introduzione di un “Patto per l’industria pulita” (Clean Industrial Act), a una ulteriore spinta verso l’economia circolare, alla definizione di una strategia complessiva su IA e utilizzo dei dati, alla nascita di un “Fondo europeo per la competitività”, allo sviluppo di una “Unione dei risparmi e degli investimenti”, che offra maggiori opportunità di investimento in Europa al risparmio europeo. Scelte che beneficeranno delle proposte del rapporto di Enrico Letta sul mercato unico (Much more than a Market) e di quello di Mario Draghi sulla competitività europea, già delineato dall’autore in vari interventi di grande spessore, ma non ancora diffuso.

Il tema della sicurezza e difesa europee ha assunto una scottante attualità di fronte al criminale attacco della Russia nei confronti dell’Ucraina. E quello è il nodo decisivo, per von der Leyen: oggi “il migliore investimento nella sicurezza europea è investire nella sicurezza dell’Ucraina”. Nei prossimi cinque anni si deve costruire una “Unione europea della difesa”, con un’Ue che sappia “spendere di più, meglio e insieme”. Sarà nominato un Commissario per la Difesa, che si dovrà coordinare con l’Alta Rappresentante (Kaja Kallas), mentre nei fatidici primi 100 giorni sarà presentato un “Libro bianco sul futuro della difesa europea”. Dovrà essere rafforzato il partenariato Ue-Nato (eventuale seconda Presidenza Trump permettendo), puntando in particolare a dotarsi di uno Scudo aereo europeo e di adeguati strumenti di cyber-difesa.

Va sottolineato l’impegno in ambiti che toccano la vita quotidiana dei cittadini europei, sui quali la Commissione può giocare un ruolo di stimolo e innovazione: si va dal settore della sanità (con la proposta di una normativa sui “medicinali critici”), al delicato capitolo della salute mentale di giovani e lavoratori, al “diritto di sentirsi sicuri/e” (con un futuro ruolo operativo per l’agenzia Europol), a un’attenzione nuova al tema della casa (con un “piano europeo per gli alloggi a prezzi accessibili”), insieme a un accresciuto impegno su diritti sociali, parità di genere ed equità intergenerazionale (tema che sarà seguito da un Commissario). Più delicato è il capitolo migranti, in difficile equilibrio fra dimensione sicuritaria e rispetto dei diritti umani. Ma che, in positivo, vede la proposta di un “Patto per il Mediterraneo”, che coprirà una pluralità di temi (dagli investimenti, all’energia, alle migrazioni) e che farà capo a un Commissario ad hoc.

Sul versante italiano, nella sfera politica “euro-nazionale” pare essersi prodotto una sorta di cortocircuito rispetto alle tanto attese scelte da parte di Giorgia Meloni, nella sua doppia veste istituzionale e partitica (FdI e ECR). Nemmeno la nascita di due gruppi estremisti ed eurofobi alla destra dell’ECR (i Patrioti per l’Europa, di Orbán, Bardella e Salvini; l’Europa delle Nazioni Sovrane, imperniata sull’AfD) sembra essere stata un incentivo sufficiente a compiere un salto di qualità, distaccandosi da posizioni marginalizzate nella dinamica politica europea. Sarà interessante vedere se e quali conseguenze avranno posizioni tanto divergenti a livello europeo nei rapporti fra i tre partiti della maggioranza in Italia.

Si apre ora la fase di costruzione della nuova Commissione europea, in cui la Presidente von der Leyen lavorerà con il Consiglio (ovvero con i governi) sulla lista dei potenziali Commissari. Non saranno un passaggio formale le successive audizioni al Parlamento, per valutare preparazione e affidabilità dei candidati. Da noi si è molto insistito sul Commissario “che spetta all’Italia”, ovviamente “con un portafoglio di peso”, quasi fosse un delegato governativo in rappresentanza degli interessi italiani. Una interpretazione quanto meno miope del ruolo della Commissione. È auspicabile che il probabile candidato, il ministro Raffaele Fitto, già europarlamentare e oggi impegnato sul PNRR, sappia far valere anzitutto esperienza, equilibrio e competenza.

*Direttore del Centro Studi sul Federalismo

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