Olimpia Fontana / 30 maggio 2024
Commento n. 297
All’inizio di dicembre del 2021 la Commissione europea ha lanciato il Global Gateway (GG), un piano di sviluppo infrastrutturale su scala globale, con l’intento di “creare collegamenti e non dipendenze” con il resto del mondo. Il GG, infatti, si colloca all’interno del più ampio disegno dell’Ue di ridurre la dipendenza da attori esterni e assicurarsi un’autonomia strategica all’interno di relazioni economiche e politiche spesso segnate da tensioni. L’autonomia strategica è un concetto nato nel settore dell’industria della difesa ma oggi riguarda un’ampia gamma di questioni, dal commercio all’approvvigionamento di materie, dalla finanza alle infrastrutture. Sviluppare una strategia per le infrastrutture globali all’interno di quella che è stata definita da Josep Borrell una “battaglia delle offerte”, è diventato essenziale nella competizione tra le grandi superpotenze, soprattutto nei confronti della Cina e della sua Belt and Road Initiative (BRI), analoga strategia infrastrutturale con cui mira a espandere la propria influenza esterna.
Il GG risponde a una duplice necessità. Da una parte rappresenta la risposta dell’Ue al gap globale di investimenti in infrastrutture. È quindi in linea con l’impegno assunto dal G7 di avviare un partenariato per le infrastrutture che sia trasparente, basato sui valori e di alto livello. Il tema del gap infrastrutturale non è certo nuovo. A partire dalla crisi del 2008 vincoli di bilancio e condizioni finanziarie restrittive hanno determinato una riduzione di investimenti pubblici e privati a livello globale. Secondo il Global Infrastructure Outlook del G20, il deficit degli investimenti infrastrutturali globali sarà di 13 trilioni di euro entro il 2040. L’investment gap si amplierà di altri 1,3 trilioni di euro all’anno se non si realizzeranno gli investimenti infrastrutturali necessari per limitare il cambiamento climatico e il degrado ambientale. Da notare, inoltre, il forte divario tra economie avanzate ed emergenti, laddove circa l’80% degli investimenti privati tra il 2012 e il 2021 affluisce verso i paesi ricchi, il restante 20% verso economie a basso reddito. La mancanza di infrastrutture comporta non solo conseguenze negative per la connettività in un mondo globalizzato, ma anche rischi per il raggiungimento degli obiettivi dell’azione climatica.
Dall’altra parte, il GG è il modo con cui l’Ue vuole ridefinire il proprio modello di connettività globale, facendo leva su legami commerciali, catene di approvvigionamento globali e sviluppo di nuovi progetti di investimento nelle tecnologie per la transizione ecologica e digitale. L’obiettivo è quello di rimanere un attore rilevante sulla scena internazionale, sfruttare competenze assodate in tema di finanza allo sviluppo e mantenere appeal politico. Il GG cerca di differenziarsi facendo leva su tre elementi fondamentali. Innanzitutto, proporre ai partner un marchio di fiducia riconoscibile nelle intenzioni e negli obiettivi. Secondo, garantire un impegno nel tempo, mobilitando 300 miliardi di euro tra il 2021 e il 2027, attraverso varie forme di finanziamento. Terzo, definire un metodo che vede la partecipazione di attori diversi.
Il valore aggiunto del GG rispetto alla BRI consiste nel promuovere partenariati che sostengano l’ordine internazionale multilaterale, basato su regole e su una buona governance, e collaborazioni con i paesi ospitanti, le istituzioni finanziarie e il settore privato. Allo stesso tempo, esso contribuisce alla realizzazione di progetti con standard elevati in società fondate su valori condivisi, come la democrazia e lo Stato di diritto, il rispetto dei diritti umani, la trasparenza negli affari governativi, la protezione dei diritti dei lavoratori, l’uguaglianza di genere e la sostenibilità. Il GG costituisce quindi il tentativo dell’Ue di costruire relazioni più strette con i paesi partner nello sviluppo delle loro aree di interesse, perseguendo allo stesso tempo obiettivi legati all’autonomia strategica europea. Difatti, gli ambiti di intervento prioritari all’interno del GG sono la digitalizzazione, il clima e l’energia, i trasporti, nonché sanità, istruzione e ricerca.
Un’ulteriore peculiarità del GG consiste nella modalità con cui vengono finanziati i progetti. A differenza del modello cinese, basato esclusivamente su prestiti – che non solo determinano pressioni sul debito pubblico, ma prevedono contratti con clausole che di fatto possono consentire ai creditori cinesi di influenzare le politiche interne e estere dei debitori – il GG combina strumenti finanziari diversi (prestiti, sussidi e garanzie) in un’ottica di blending financing. Attraverso la messa a disposizione di risorse pubbliche, si cerca di ridurre i rischi dell’investimento, attirare finanziamenti privati e aumentare così l’ammontare complessivo disponibile.
Un punto debole dell’azione esterna dell’Ue è spesso la sua frammentazione, il sovrapporsi di iniziative e strumenti rivolti ai partner globali. Tuttavia, da qualche anno è in atto un processo di razionalizzazione, che comprende, per esempio, la creazione di uno strumento di bilancio unico che raggruppa iniziative preesistenti, il Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument - Global Europe (NDICI-GE), dotato di 79,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Il NDICI-GE si articola su diverse aree geografiche, con la maggior parte dei fondi destinata all’Africa (48% della dotazione). Il GG contribuisce a tale riordino, applicando l’approccio collegiale del Team Europe per la gestione di competenze e risorse da varie fonti, dal bilancio europeo ai governi nazionali, dalle istituzioni finanziarie come la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo a finanziatori privati.
La credibilità del GG dipenderà, in ultima analisi, dalla sua capacità effettiva di realizzare progetti su larga scala e di garantirne il valore aggiunto. In questi primi anni di attività sono emerse alcune criticità legate soprattutto a una carenza di informazioni sullo stato di avanzamento dei progetti e a una scarsa comunicazione delle attività, nonché talvolta una mancanza di trasparenza e, in generale, la presenza di una ancor debole struttura di governance. Tutto ciò può minare la partecipazione degli stakeholder alle iniziative del GG e la realizzazione di determinati progetti in aree prioritarie. Il rischio è di compromettere il vero potenziale del GG (al di là del problema della mancanza di risorse aggiuntive): quello di contribuire a imprimere una visione strategica al ruolo dell’Ue sulla scena globale.
*Mario Albertini Fellow del Centro Studi sul Federalismo e Ricercatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
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