Riforme e allargamento dell’Unione europea: verso una integrazione differenziata?

Riforme e allargamento dell’Unione europea: verso una integrazione differenziata?

Alberto Miglio
   

Commento n. 273 - 25 settembre 2023 

Il 18 settembre scorso è stato pubblicato il rapporto del gruppo di lavoro franco-tedesco sulle riforme istituzionali nell’Unione europea, composto da dodici esperti nominati dai governi dei due Paesi. Sebbene le posizioni espresse dagli autori non riflettano necessariamente quelle dei governi francese e tedesco, il rapporto rappresenta un contributo approfondito e autorevole al dibattito sul futuro dell’Unione europea, in una fase nella quale la prospettiva dell’allargamento ha riproposto con urgenza il tema delle riforme istituzionali.

Il rapporto muove dalla constatazione che l’allargamento rende necessarie alcune riforme, sia per tutelare più efficacemente il principio dello Stato di diritto, sia per adeguare istituzioni e procedure a una Unione europea più ampia dell’attuale. Le riforme dovrebbero mirare a tre obiettivi: rafforzare Stato di diritto e democrazia, accrescere l’efficacia dei procedimenti decisionali e preparare l’Unione e le sue istituzioni all’allargamento.

Dal punto di vista del metodo, il rapporto contempla una pluralità di opzioni in vista degli obiettivi perseguiti, distinguendo in particolare a seconda che richiedano o meno una revisione dei Trattati; indica le soluzioni preferibili e le possibili alternative. Molte delle riforme suggerite sono da tempo oggetto di discussione e proposte, come l’estensione del voto a maggioranza qualificata e della procedura di codecisione, la piena armonizzazione delle regole per l’elezione del Parlamento europeo e l’aumento delle risorse proprie. Altre, come la revisione delle procedure previste all’art. 7 TUE per evitare la paralisi del procedimento e superare il veto di uno Stato membro, presentano tratti di più spiccata originalità.

L’aspetto forse di maggiore interesse è costituito dal rilancio dell’ipotesi di superare il modello dell’integrazione uniforme a favore di uno schema costruito per cerchi concentrici di integrazione crescente – o decrescente, a seconda che si parta dalla periferia o dal centro. L’idea non è nuova e richiama, in particolare, proposte emerse nel dibattito precedente i negoziati per il Trattato di Amsterdam. È noto che questa suggestione non si è mai pienamente tradotta in realtà e che l’integrazione differenziata si è sviluppata secondo una logica diversa, come la combinazione di una pluralità di meccanismi eccezionali rispetto alla regola dell’integrazione uniforme: le cooperazioni rafforzate, le esenzioni per settore introdotte nell’interesse di specifici Stati membri (per lo più il Regno Unito e la Danimarca), le deroghe nell’unione economica e monetaria, la cooperazione strutturata permanente in materia di difesa. Di questi, l’unico caso di integrazione sensibilmente più stretta tra un gruppo di Stati membri è l’area dell’euro. Tuttavia, le proposte volte a consolidare la separazione tra l’area dell’euro, accrescendone il livello di integrazione anche in altre politiche, e i restanti Stati membri non hanno avuto successo. Al contrario, il piano Next Generation EU ha segnato il ritorno al principio dell’integrazione uniforme, di pari passo con il recesso del Regno Unito che ha fortemente ridotto la necessità di ricorrere alla differenziazione.

Nel rapporto del gruppo di lavoro franco-tedesco, l’idea dell’Europa a cerchi concentrici emerge in due forme. Per un verso, viene proposta come un modello per regolare i rapporti con Stati terzi. A questo fine, il rapporto suggerisce di introdurre lo status di Stato membro associato, incentrato sulla partecipazione al mercato interno, per ricondurre a un regime unitario diverse forme di integrazione senza membership stabilite sulla base di accordi internazionali. Rispetto ai modelli oggi esistenti, viene proposto un più solido ancoraggio al sistema istituzionale dell’Unione, suggerendo la partecipazione dei membri associati ai lavori del Consiglio, senza diritto di voto, e l’estensione della giurisdizione della Corte di giustizia. Attorno al cerchio dei Paesi associati ne viene immaginato un quarto più ampio, incentrato sulla cooperazione politica e coincidente con la Comunità politica europea.

Per altro verso, l’integrazione differenziata è concepita come un possibile “piano B” a fronte dell’eventuale fallimento della revisione dei Trattati. Il rapporto raccomanda il ricorso alla procedura di revisione ordinaria, con la convocazione di una Convenzione, seguita da una Conferenza Intergovernativa. In subordine, propone di introdurre le necessarie modifiche ai Trattati istitutivi mediante accordi di adesione, una soluzione certamente possibile ma finora non impiegata per riforme di ampia portata. In ulteriore subordine, suggerisce la conclusione di un trattato inter se per superare il veto degli Stati membri contrari alla revisione dei Trattati. Come ammettono gli stessi autori del rapporto, questa soluzione solleverebbe una serie di problemi, perché il nuovo trattato coesisterebbe con il TUE e con il TFUE. Le riforme istituzionali sarebbero quindi soltanto parziali e non sarebbe possibile, ad esempio, superare il potere di veto degli Stati membri non parti all’accordo inter se nelle materie in cui oggi vige l’unanimità. L’introduzione di nuove risorse proprie per il cerchio più ristretto comporterebbe inoltre l’istituzione di due bilanci distinti e le nuove politiche e azioni dell’Unione dovrebbero in ogni caso essere pienamente compatibili con i Trattati oggi vigenti.

Si tratta di problemi complessi, che meritano riflessioni approfondite e che continueranno a riproporsi nel dibattito pubblico nei mesi a venire. Pochi giorni prima della pubblicazione del rapporto franco-tedesco, la Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo ha infatti pubblicato un ambizioso progetto di modifica dei Trattati, sul quale è previsto che la plenaria si pronunci entro la fine dell’anno, dando formalmente avvio al procedimento di revisione. Certo è che il percorso per adeguare l’apparato istituzionale e il sistema politico dell’Unione a un contesto geopolitico in rapido mutamento e alle sfide dell’allargamento non sarà agevole. E che di fronte alla difficoltà di trovare un accordo pieno sulla riforma dei Trattati tra ventisette Stati con diverse priorità politiche e diverse sensibilità rispetto agli obiettivi e alle finalità del processo di integrazione europea, le geometrie variabili stanno tornando di attualità.

*Ricercatore di Diritto dell’Unione europea nell’Università di Torino

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