Federico Fabbrini
Commento n. 223 - 14 giugno 2021
Il 9 giugno scorso la Commissione europea ha annunciato l’apertura di una procedura d’infrazione contro la Germania in risposta alla sentenza della Corte Costituzionale federale tedesca (BVerfG) del 5 maggio 2020, sul Programma di acquisto del settore pubblico (PSPP) della Banca Centrale Europea (BCE). Com’è noto, in quella sentenza la Corte tedesca aveva dichiarato ultra vires il PSPP e priva di effetti giuridici in Germania la sentenza (“Heinrich Weiss e altri”) della Corte di giustizia dell'Ue (CGUE), che aveva invece dichiarato la legittimità del PSPP.
La sentenza del BVerfG ha suscitato forti critiche da parte delle istituzioni dell'UE. Infatti, in un mio precedente post pubblicato su Verfassungsblog, nel maggio 2020, avevo sostenuto che era necessario che la Commissione Europea avviasse una procedura d’infrazione, in quanto la sentenza del BVerfG: 1) contestava la supremazia del diritto europeo, che è il principio necessario per garantire l'uguaglianza tra gli Stati membri; 2) minava la politica monetaria della BCE, che ex art 3 TFUE è di competenza esclusiva dell'UE; 3) creava un precedente da parte di un tribunale influente, che poteva essere facilmente sfruttato da altre corti supreme, specialmente negli Stati membri alle prese con un arretramento nello stato di diritto.
Da questo punto di vista, la decisione della Commissione, che ex art. 17 TUE è la guardiana dei Trattati, di inviare una lettera di costituzione in mora alla Germania non rappresenta altro che un atto dovuto. In effetti, ci si potrebbe chiedere perché la Commissione abbia impiegato 13 mesi per avviare la procedura di cui all'articolo 258 TFUE. E non si può non notare che questa decisione – incentrata su una questione di principio fondamentale come la supremazia del diritto europeo – è di fatto sepolta alle pagine 14/15 di una lunga lista di 25 pagine di procedimenti di infrazione avviati dalla Commissione nell'ambito del Pacchetto infrazioni di giugno.
Da un punto di vista politico, sembra ragionevole supporre che la Commissione, nonostante sia guidata da una Presidente tedesca, non abbia voluto scontrarsi di petto con la Repubblica Federale mentre l'UE stava negoziando il suo imponente Recovery Fund, il Next Generation EU (NGEU). In effetti, questa iniziativa, che ha segnato un cambio di paradigma nel funzionamento dell'Unione economica e monetaria europea, è stata resa possibile dal mutamento di politica della Germania e dalla sua accettazione, per la prima volta, dell'emissione di debito comune dell'UE per finanziare la ripresa economica post-pandemia.
Allo stesso tempo, come avevo già sottolineato, c'è dell’ironia nel procedimento d’infrazione contro la Germania. Mentre la procedura è imposta contro lo Stato membro nel suo insieme, il convenuto è in realtà il Governo federale (Bundesregierung). Tuttavia, quest'ultimo, insieme al Bundestag, era stato molto critico nei confronti della sentenza BVerfG. Infatti, una risoluzione adottata dal Bundestag il 2 luglio 2020, che riaffermava come il PSPP della BCE fosse pienamente proporzionale, era stata la chiave per chiudere il caso in ambito nazionale – come confermato dalla sentenza BVerfG del 18 maggio scorso, con cui aveva respinto la richiesta dei ricorrenti di un’ulteriore esecuzione della sentenza del 5 maggio 2020.
Nondimeno, da un punto di vista giuridico, l'avvio del procedimento d’infrazione rappresenta uno sviluppo importante per l'UE, con conseguenze potenzialmente positive per il suo futuro. Dalla sentenza del 5 maggio 2020, infatti, è diventato sempre più chiaro che la giurisprudenza della BVerfG costituisce un pericolo per l'integrazione europea. Ciò è stato confermato da un altro recente caso del BVerfG, sulla ratifica da parte della Germania della Decisione sulle risorse proprie dell'UE, e di conseguenza di NGEU.
Come è noto, il 26 marzo scorso il BVerfG ha ordinato al Presidente Federale tedesco di non firmare una legge – votata a larga maggioranza da entrambe le camere del Parlamento – che approvava la Decisione sulle risorse proprie, mentre la Corte valutava il ricorso contro la Decisione avanzato da membri ultra-euroscettici del partito AfD. Con la sentenza del 21 aprile, il BVerfG ha poi revocato la propria sospensione, rigettando l’ingiunzione preliminare contro la Decisione. Tuttavia, il BVerfG ha aggiunto una serie di importanti condizioni sul funzionamento di NGEU e ha tenuto aperta la possibilità di giudicarlo in violazione della Legge Fondamentale tedesca quando esaminerà il merito della controversia.
Come conferma questa linea di giurisprudenza, ulteriori passi avanti nel processo di integrazione europea sono sotto la spada di Damocle del BVerfG – una prospettiva che, francamente, è sempre più difficile da accettare per gli altri Stati membri e i loro cittadini. E se fino alla sentenza del 5 maggio 2020 il BVerfG poteva essere definito come un cane che abbaia ma non morde, la sentenza sul PSPP ha mostrato che la Corte costituzionale federale tedesca non si fa scrupolo di fermare l'integrazione – anche quando la popolazione tedesca in generale e i principali partiti politici la sostengono convintamente.
Allo stesso tempo, tuttavia, lo status quasi religioso che il BVerfG è arrivato ad acquisire nella mentalità pubblica tedesca rende molto difficile organizzare una risposta interna. Infatti, anche se la maggior parte dei giuristi tedeschi concorda sul fatto che la giurisprudenza più recente del BVerfG – compresa la sua interpretazione dell'art. 38 della Legge Fondamentale, sul diritto di voto, in modo da renderlo effettivamente una actio popularis per impugnare qualsiasi atto di diritto dell'UE – è una distorsione del testo costituzionale e del suo significato, non c'è stato alcun serio sforzo istituzionale per spingere il BVerfG a cambiare la sua rotta costituzionale.
È qui che il procedimento di infrazione avviato dalla Commissione assume particolare valore. Come ho suggerito in precedenza, l’azione della Commissione (e potenzialmente, domani, una sentenza della Corte di Giustizia europea che affermasse che la Germania viola il diritto dell'UE) può creare la pressione esterna necessaria per incentivare un cambiamento interno. Ciò potrebbe avvenire sotto forma di un cambiamento significativo nella giurisprudenza del BVerfG – come insegna il Court-packing plan di Franklin Delano Roosevelt. O, più probabilmente – poiché la giurisprudenza del BVerfG sembra sempre più fossilizzata – ciò potrebbe creare le condizioni per riforme costituzionali che adeguino la competenza della Corte o esentino il diritto dell'UE dal sindacato giurisdizionale interno (come avviene, ad esempio, ai sensi dell'art. 29(4)(6) della Costituzione irlandese).
Quale Stato membro fondatore dell'UE, nonché Paese più grande d'Europa, la Germania svolge un ruolo chiave nel processo d’integrazione continentale e beneficia immensamente di un'Unione sempre più stretta. Tuttavia, in una giurisprudenza solipsistica che ha completamente decontestualizzato gli obiettivi storici dell'UE – tra cui la pacificazione della Germania e il ripristino del suo pieno status nella comunità delle nazioni –, il BVerfG ha creato una rete sempre più fitta di ostacoli per un'ulteriore integrazione europea. È chiaro che il BVerfG deve essere salvato da sé stesso. Il procedimento d’infrazione della Commissione, oltre a tutelare il principio costituzionale della supremazia del diritto dell'UE, può altresì aiutare la Germania a disarmare l'arsenale giuridico interno costruito contro la sua ambizione europea.
*Professore ordinario di diritto dell’UE presso la Dublin City University e Direttore fondatore del Brexit Institute (la versione in inglese è disponibile qui)