Trump e la rivoluzione della governance economica europea

Trump e la rivoluzione della governance economica europea

Federico Fabbrini / 12 marzo 2025

Commento n. 319

Non c’è nulla che faccia correre veloci quanto la paura. D’altra parte, la corsa (come ogni attività fisica) fa bene all’organismo, scuote dal torpore e consente di rimuovere le incrostazioni corporee che si formano a stare sempre fermi.  Ebbene il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America (USA) Donald Trump di paura ne ha messa tanta all’Europa. Al punto che quest’ultima si è finalmente messa a correre veloce, e gli effetti di questo rinnovato dinamismo hanno portato in appena un paio di settimane a rivoluzionare la governance economica europea.

Come è noto, sin dalla creazione dell’Unione economica e monetaria con il trattato di Maastricht del 1992, la governance economica europea si è sostanzialmente fondata su un criterio cardine: quello della stabilità di bilancio. A livello dell’Unione europea (UE), la stabilità è stata codificata nel Patto di Stabilità e Crescita, il quale introduce rigidi vincoli ai deficit e ai debiti degli stati membri. E a livello nazionale, nel tempo, la stabilità è stata rafforzata dall’introduzione di regole costituzionali sul pareggio di bilancio. Epitome di questo è stata la Germania, che aveva modificato la sua costituzione nel 2009 per introdurre un divieto di deficit oltre lo 0,35% di Pil, e quindi “esportato” il suo modello giuridico a tutta l’Eurozona attraverso il Fiscal Compact del 2012, che appunto richiedeva ad ogni stato membro di introdurre una regola costituzionale di pareggio di bilancio (cosa avvenuta, in Italia, durante il governo Monti).

Naturalmente, la stabilità di bilancio non è compatibile con l’avere un esercito. Storicamente, gli stati nazionali hanno usato l’indebitamento per finanziare eserciti, con cui fare la guerra e assicurare la pace. Non a caso, gli USA, che per oltre sette decenni hanno garantito la sicurezza in Europa e nel mondo, non hanno nella costituzione federale un obbligo di pareggio di bilancio e anzi hanno regolarmente avuto un deficit di spesa, proprio per finanziare l’esercito più poderoso al mondo. Ma nella loro illusione di “pace perpetua” la Germania e l’Europa avevano creduto di potersi concentrare solo sullo Schwarze null, disinteressandosi della loro sicurezza.

Infatti, come scrissi in un articolo sull’Harvard National Security Journal nel 2018, durante la prima Presidenza Trump, la richiesta americana di aumentare la spesa di difesa nella NATO avrebbe dovuto giuridicamente prevalere sul principio della stabilità di bilancio vigente a livello UE. Ma ciò non avvenne. Inoltre, durante la riforma del Patto di Stabilità e Crescita del 2024, nel mezzo della guerra russa in Ucraina, criticai in un commento su Carnegie Europe la decisione dei Ministri delle Finanze dell’UE, sotto pressione del Ministro tedesco Lindner, di sostanzialmente ignorare l’esigenza di aumentare le spese di difesa. Ma nonostante il ritorno della guerra in Europa, questo non avvenne.

La rielezione di Trump alla Casa Bianca, e le sue azioni in poche settimane di mandato – con la decisione di aprire negoziati diretti con la Russia, umiliare l’Ucraina e abbandonare l’Europa – hanno però messo davvero paura all’UE. Così, in pochi giorni, l’UE ha profondamente rivisto le fondamenta della sua governance economica, di fatto rivoluzionando l’UEM. Due decisioni sono cruciali in questa direzione.

Primo, a livello europeo, la Commissione ha annunciato – e il Consiglio europeo ha accolto con entusiasmo – che attiverà la clausola di salvaguardia del Patto di Stabilità e Crescita per escludere la spesa in difesa dal calcolo del deficit. Da anni varie voci avevano invocato una golden rule per gli investimenti, ma l’idea non aveva mai scalfito l’ortodossia della stabilità. Autorizzando oggi lo scorporo delle spese nella difesa (resta da capire se solo investimenti o più in generale i costi per l’apparato militare) dal calcolo del Patto di Stabilità e Crescita, la Commissione dà libertà agli stati membri di aumentare la spesa militare, portandola al di sopra dei minimi previsti dalla NATO, con un effetto stimato di oltre 650 miliardi di euro di spesa addizionale che non conteranno nel deficit.

Secondo, a livello nazionale, una decisione storica è stata presa in Germania. Dopo l’elezione del 23 febbraio e prima dell’insediamento del nuovo Parlamento tedesco il 23 marzo, i due partiti di maggioranza che formeranno la nuova coalizione di governo (CDU/CSU e SPD) hanno concordato di modificare la Legge fondamentale tedesca per allentare i vincoli costituzionali di bilancio e consentire una spesa nella difesa di almeno l’1% di Pil annuo (in aggiunta, essi hanno concordato di costruire un fondo speciale per le infrastrutture di 500 miliardi di euro). Questa decisione, pienamente legale, ha suscitato qualche dubbio di legittimità, poiché CDU/CSU e SPD non avranno nel nuovo Parlamento una maggioranza dei 2/3 per riformare la costituzione, e intendono quindi sfruttare i numeri parlamentari che avevano nel ‘vecchio’ Parlamento per apportare una modifica della Legge Fondamentale (con il necessario e non scontato assenso dei Verdi). Ma al di là di questo, la decisione ha profonde implicazioni sistemiche perché spinge la Germania – da sempre il paese campione del rigore – a temperare la cultura della stabilità, prendendo seriamente i costi di bilancio della sicurezza e della difesa.

In conclusione, l’UEM è nata e si è sviluppata in un contesto irenico: l’Europa poteva fare affidamento sugli USA per la sua sicurezza, e questo ha consentito l’emergere di una governance economica incentrata sulla stabilità. La fine del sogno della pace perpetua, e la messa in discussione del legame transatlantico, hanno però causato un brusco risveglio in Europa e specie in Germania. Le decisioni prese nelle ultime due settimane, sia a livello europeo che nazionale, stanno pertanto rivoluzionando la governance economica europea riportando al centro l’esigenza della spesa nella difesa. Serve a poco avere un’Unione stabile che non sa difendersi. E nessuna comunità politica che abbia avuto un esercito è mai stata vincolata dal pareggio di bilancio. È stata necessaria la paura di Trump per far correre veloce l’Europa, ma alla fine la governance economica che emerge da questo inedito esercizio fisico è più tonica, robusta e sana.

*Professore ordinario di diritto dell’Unione europea presso la Dublin City University e Direttore fondatore del Dublin European Law Institute.

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