Domenico Moro
Commento n. 260 - 2 maggio 2023
Richard Haass e Charles Kupchan hanno recentemente formulato una proposta, pubblicata dalla rivista Foreign Affairs, per portare Ucraina e Russia attorno un tavolo, al fine di discutere un piano di pace. La proposta si basa sulla convinzione che non esista una soluzione militare al conflitto in corso, la cui prosecuzione, oltre a crescenti costi umani ed economici per entrambe la parti, rischierebbe di prolungarsi inutilmente e di portare, nel caso peggiore, ad una escalation incontrollabile.
L’idea di Haass e Kupchan è quella di continuare a sostenere l’Ucraina con nuove armi, anche più sofisticate di quelle fornite fino ad ora, il cui scopo sarebbe quello di sottrarre alla Russia la maggior parte possibile del territorio ucraino attualmente occupato. Dopo di che dovrebbe essere concordato un cessate il fuoco e avviate le trattative. All’Ucraina non verrebbe chiesto, formalmente, di rinunciare all’obiettivo di riavere la Crimea e il Donbass, ma tutto questo sarebbe rinviato a quando Putin non sarà più al potere. Si istituirebbe una zona smilitarizzata, da cui si ritireranno sia le truppe russe che quelle ucraine e che sarà affidata al controllo dell’ONU o dell’OSCE e il cui status finale sarà definito quando, in futuro, matureranno condizioni più favorevoli. In cambio, l’Occidente toglierebbe, progressivamente, le sanzioni alla Russia e, contemporaneamente, verrebbero avviate le trattative per un più ampio sistema di sicurezza europeo.
La ragione di questa proposta – che deve essere interpretata come un ulteriore sintomo della stanchezza verso la guerra che comincia a serpeggiare nell’opinione pubblica americana –, viene chiarito nelle conclusioni dove si dice che “As a global power, the United States must acknowledge that a maximal definition of the interests at stake in the war has produced a policy that increasingly conflicts with other U.S. priorities”. Siccome è difficile contestare questa preoccupazione americana, l’Unione Europea deve cominciare a prendere atto del fatto che la soluzione della guerra in Ucraina dipende da lei, perché il sostegno americano è progressivamente destinato ad affievolirsi.
Se si può condividere l’idea di sostenere l’Ucraina in una controffensiva destinata a sottrarre la maggior parte del territorio occupato dai russi, l’esito politico ipotizzato da Haass e Kupchan, però, non convince del tutto. Innanzitutto, non è detto che il successore di Putin sia più aperto di quest’ultimo ad una soluzione strutturale del problema ucraino, anche perché gli equilibri mondiali stanno cambiando, e non è detto che alla Cina, chiunque sia il successore di Putin, convenga una soluzione definitiva. In secondo luogo, l’eventuale controffensiva ucraina destinata a sottrarre parte del territorio attualmente occupato dai russi, potrebbe risolversi, di fatto, in una divisione delle popolazioni del Donbass, il che continuerebbe ad essere fonte di tensioni tra Ucraina e Russia. Infatti, i contorni della zona che, secondo la proposta, dovrebbe essere demilitarizzata, non sono chiari e dare vita ad una sorta di 38° parallelo nel cuore dell’Eurasia non sembra una soluzione, soprattutto se dovesse dividere in due il Donbass.
Come contributo all’individuazione di un piano europeo per la pace in Ucraina, si avanzano qui delle prime idee, alcune delle quali dovranno essere attuate subito ed altre in un arco pluriannuale e con il concorso delle istituzioni mondiali, all’interno di un modello istituzionale che è quello proposto nel 2015 dall’allora Ministro degli esteri, Paolo Gentiloni: l’accordo De Gasperi-Gruber per il Sud Tirolo, integrato con il secondo Statuto di autonomia del 1972. I contenuti di quest’ultimo, tra le altre cose, prevedono un’ampia autonomia politica, culturale e finanziaria ed un trattamento privilegiato per l’occupazione nel settore pubblico regionale dei tre gruppi linguistici (austriaco, italiano e ladino). L’accordo del 1972 è stato firmato presso le Nazioni Unite, per affermare il principio che qualunque decisione del governo italiano che abbia implicazioni per il Sud Tirolo deve prevedere la previa informazione alle Nazioni Unite e, oggi, anche all’UE.
Se questo è il modello istituzionale di riferimento, quali possono essere i passi che dovranno essere compiuti nel caso dell’Ucraina? Il primo passo deve essere compiuto dall’UE, la quale dovrà essere l’interlocutore diretto della Russia per l’attuazione dell’accordo, una condizione motivata dal fatto che l’Ucraina diventerà membro dell’Unione europea. In base a questa premessa, le decisioni che dovranno essere adottate nel quadro dell’accordo ed entrare in vigore subito, dovranno prevedere:
- il ripristino della situazione territoriale ante 24 febbraio 2022 e quindi del ritiro delle truppe russe;
- istituzione di una zona demilitarizzata che coincida con la regione del Donbass e che continuerà ad essere parte dell’Ucraina;
- l’entrata in vigore immediata, con decisione del Consiglio europeo, delle misure previste all’art. 42.7 del TUE sulla sicurezza collettiva estese all’Ucraina. Questa misura renderà superfluo l’ingresso dell’Ucraina nella NATO;
- riconoscimento dell’annessione della Crimea alla Russia da parte dell’intera comunità internazionale.
Nell’arco temporale di una decina di anni, periodo minimo per l’attuazione delle politiche analoghe a quelle del piano De Gasperi-Gruber, dovranno essere attuate le seguenti misure:
- l’adesione dell’Ucraina quale membro a pieno titolo dell’UE, anticipando così le iniziali attese;
- l’avvio di un piano europeo di ricostruzione del sistema economico, industriale e finanziario dell’Ucraina.
Il controllo della zona demilitarizzata e dei confini tra l’Ucraina e la Russia, nell’arco temporale previsto per queste misure, sarà assicurato, in base ad una decisione del Consiglio di sicurezza dell’ONU, da truppe multinazionali sotto il controllo dell’ONU e, a partire dall’attuazione dell’accordo, le politiche del governo ucraino che potranno avere un impatto sulle province del Donbass dovranno essere preventivamente comunicate all’UE, alla Russia ed all’ONU.
L’obiettivo della pace sul continente europeo, alla base del progetto di unificazione europea, è stato fino ad ora affidato ad una potenza extra-europea: gli Stati Uniti. La crisi dell’ordine mondiale nato nel Secondo dopoguerra e l’emergere di nuovi interlocutori a livello mondiale stanno modificando le priorità di politica estera degli USA e l’Europa non è più la loro principale preoccupazione. Se l’adesione dell’Ucraina all’UE ha un senso, la soluzione del conflitto ucraino deve dunque essere la responsabilità prioritaria dell’UE in quanto tale, la quale, per essere un interlocutore credibile a livello mondiale, dovrà dotarsi di un’autonoma difesa. In caso contrario, se la soluzione del conflitto russo-ucraino dovesse arrivare dalla Cina, la sicurezza in Europa, come in parte sta già avvenendo in Medio Oriente, non dipenderà più dagli USA e men che meno dalla stessa UE, bensì dalla Cina.
* Membro del Consiglio Direttivo e Coordinatore dell’Area Sicurezza e Difesa del Centro Studi sul Federalismo