Alberto Majocchi
Commento n. 262 - 16 maggio 2023
Dopo il drammatico abbandono dell’Afghanistan da parte degli Stati Uniti – che ha segnato simbolicamente la fine del tentativo americano di imporre un governo unilaterale del sistema mondiale degli Stati –, l’invasione russa dell’Ucraina rappresenta l’estremo tentativo del governo di Mosca di giocare un ruolo nei nuovi equilibri che si stanno delineando a livello globale. La crisi che sta attraversando il sistema mondiale degli Stati mostra che un governo unilaterale del mondo non è oggi concepibile, non solo per l’affermarsi della potenza cinese, ma soprattutto per l’emergere di un numero rilevante di altri paesi, in Asia, in Africa, in America Latina, che non accettano più di subire le decisioni prese dalle superpotenze, e richiedono con forza di partecipare alla definizione di un assetto multilaterale del potere a livello mondiale. In questo contesto un ruolo decisivo può essere giocato dall’Europa, la cui “ragion di stato” implica che l’obiettivo prioritario della sua politica estera debba essere il perseguimento della pace.
In linea generale, la possibilità che un paese possa adottare in politica internazionale una strategia volta non ad accrescere la propria potenza, ma a promuovere una situazione di equilibrio a livello globale, anche al fine di garantire il permanere di istituzioni democratiche al proprio interno, è legata storicamente a una situazione di insularità: è quello che è avvenuto per il Regno Unito nel contesto del sistema europeo degli Stati e per gli Stati Uniti fino al momento in cui hanno assunto un ruolo determinante nell’equilibrio del sistema mondiale degli Stati. Ma l’Unione europea, quando disporrà degli strumenti necessari per svolgere in autonomia una propria politica estera e della sicurezza, sarà comunque inserita negli equilibri internazionali e, quindi, dovrà tener conto degli assetti del potere a livello mondiale.
L’obiettivo finale di una pace perpetua potrà essere realizzato, come teorizzato nel pensiero di Immanuel Kant, soltanto quando i rapporti fra gli Stati a livello mondiale saranno fondati sul diritto e non sulla forza, e questo sarà possibile soltanto con una federazione mondiale. Il compito dell’Europa è di promuovere la transizione verso questo obiettivo. Oggi il mondo sta evolvendo con grandi difficoltà verso il multipolarismo, ma questo sistema è più instabile di un sistema bipolare, che ha saputo garantire con un “equilibrio del terrore” un ordine relativamente pacifico durante il confronto fra Stati Uniti e Unione Sovietica. Per realizzare in questa fase storica un ordine più pacifico occorre rafforzare – e non indebolire, come fanno le superpotenze in crisi – le istituzioni multilaterali, e qui sta la responsabilità specifica dell’Europa, prima che prevalga, anche nell’Unione, la logica di una politica di potenza.
Questi sviluppi saranno possibili se l’Europa saprà completare il processo di unificazione con l’attribuzione all’Unione di un potere di decisione nel settore della politica estera e della sicurezza, della definizione delle linee generali di politica economica e di un Piano finanziario che distribuisca in modo equilibrato le risorse fra i diversi livelli di governo. Questi temi saranno al centro della campagna per le prossime elezioni europee del 2024, che potrebbero rappresentare il punto di partenza per una fase costituente in cui avvenga, in modo irreversibile, il trasferimento di poteri dagli Stati all’Europa che, nel pensiero di Mario Albertini, coincide con “il momento in cui la lotta politica diviene europea, in cui l’oggetto per cui lottano uomini e partiti sarà il potere europeo”.
Nel suo libro Europa, forza gentile Tommaso Padoa-Schioppa concordava in modo chiaro con il pensiero di Albertini sul tema del trasferimento di poteri dagli Stati all’Europa: “Sono convinto che il punto di non ritorno non potrà che essere propriamente politico; non economico o monetario, e neppure istituzionale. Ricordo, e porto con me, un’osservazione fatta da Mario Albertini in una conversazione cui ebbi la fortuna di partecipare, mentre maturava la decisione dell’Unione Monetaria. Il punto di non ritorno – egli disse – non è né nelle competenze né nelle istituzioni: è il momento in cui la lotta politica diviene europea, in cui l’oggetto per cui lottano uomini e partiti sarà il potere europeo. Quello sarà il momento in cui la rivoluzione avrà finito il suo compito e gli ordini nuovi creatisi verranno occupati dalle forze politiche ordinarie, che ne faranno il teatro della loro contesa. In una società politica civilizzata, il ferro e il sangue sono sostituiti dalla lotta elettorale, gli eserciti dalle formazioni politiche”.
Nella campagna per le elezioni europee i partiti, che si contenderanno i seggi nel Parlamento di Strasburgo, dovranno assumere una posizione, fondamentale non soltanto per il futuro dell’Europa, ma anche del mondo, nella prospettiva di dare all’Unione un assetto istituzionale di natura federale. Si tratterà di favorire non soltanto il rafforzamento di competenze in materia di sicurezza e politica estera e di politica economica e fiscale, ma soprattutto di garantire la possibilità di prendere decisioni a maggioranza in questi settori cruciali, con istituzioni federali che gestiscano una sovranità condivisa fra il livello europeo e gli Stati membri, per garantire l’unità nella diversità, secondo la classica definizione di Kenneth Wheare, e per promuovere un nuovo assetto multipolare del mondo capace di assicurare la pace e lo sviluppo sostenibile di tutto il pianeta.
Sul punto delle decisioni a maggioranza un primo passo importante è rappresentato dalla proposta del Cancelliere tedesco Olaf Scholz di adottare il voto maggioranza (55% dei membri del Consiglio dei ministri, in rappresentanza di paesi che rappresentino almeno il 65% della popolazione totale dell’Unione) per le decisioni di politica estera e fiscale, proposta già condivisa da altri otto paesi (Francia, Spagna, Italia, i tre paesi del Benelux, Finlandia e Slovenia). Ma soprattutto appaiono rilevanti i movimenti che si registrano per la formazione degli schieramenti che si affronteranno nel corso delle elezioni europee del 2024. Il primo fatto da rilevare – che riguarda anche direttamente la politica italiana – è il tentativo di Lega e Fratelli d’Italia di muoversi in direzione del PPE, sganciandosi delle formazioni politiche più sovraniste e più ostili al completamento di un’evoluzione federale dell’Unione, per spostare verso il centro-destra l’equilibrio politico a livello europeo. Questo tentativo incontra una ferma opposizione da parte di chi, nel PPE, mira a una riconferma della coalizione che ha portato alla nomina di Ursula von der Leyen alla Presidenza della Commissione. L’esito di questo processo è ancora incerto, ma questi movimenti in ogni caso mostrano che la lotta per la conquista del potere europeo ha ormai preso avvio e che dal suo esito dipenderanno largamente gli sviluppi futuri dell’Unione.
*Professore Emerito di Scienza delle Finanze all’Università di Pavia, membro del Comitato Scientifico del Centro Studi sul Federalismo