Alberto Majocchi
Novembre 2019
Nel numero pubblicato a ottobre del semestrale Fiscal Monitor , il Fondo Monetario Internazionale (FMI) afferma con chiarezza che fra i diversi strumenti che possono essere utilizzati per ridurre le emissioni di CO2 “carbon taxes are the most powerful and efficient”. Nell’ipotesi che si intenda limitare l’incremento della temperatura a un livello pari o inferiore a 2°C, come previsto dagli Accordi di Parigi, il prezzo del carbonio dovrà raggiungere il livello di $75 (€67,5) per tCO2 entro il 2030, con un aumento del prezzo dell’elettricità pari al 45% e della benzina pari al 15%. Le entrate derivanti dal prezzo imposto sui combustibili fossili in misura corrispondente al contenuto di carbonio di ciascuna fonte di energia ammonterebbero nel 2030 all’1,5% del Pil nella media dei paesi del G20 e potrebbero essere destinate ad aiutare le famiglie a basso reddito, sostenere i lavoratori e i territori più colpiti da questa misura – ad esempio le regioni che producono carbone –, ridurre altre imposte, finanziare gli investimenti per le infrastrutture necessarie per la produzione di energie rinnovabili, ridurre il deficit del bilancio pubblico ovvero pagare un dividendo in ugual misura a tutti i cittadini, secondo le indicazioni dell’Economists’ Statement on Carbon Dividends, apparso sul Wall Street Journal del 17 gennaio 2019 e firmato, ad oggi, da 3554 economisti americani, tra i quali 4 ex Presidenti della Federal Reserve, 27 laureati al Premio Nobel, 15 ex Presidenti del Council of Economic Advisers e 2 ex Segretari del Dipartimento del Tesoro Americano.” [...]